
«Qua e là, sul tetto, sui giunti / e lungo i tubi, gore di catrame, calcine / di misere riparazioni». Gli interventi di manutenzione si mostrano assai al di sotto della bisogna. La costruzione, così, ancora regge, ma grazie piuttosto ad espedienti che, ad insorgenze più o meno regolari, sono consapevolmente intrapresi quali rimedi provvisori. Mostrano d’esser tentativi per differire una acclarata situazione di definitiva emergenza che è costantemente indotta dal permanere d’una condizione di usura e di costante logorio. Essa porterà ad una inevitabile consunzione della tenuta di quei rapporti costruttivi. E tuttavia, fin qui, per quello che posso intendere osservando dal mio punto di vista, il cedimento non si determina: «Ma vento e neve, / se stancano il piombo delle docce, la trave marcita / non la spezzano ancora». Dunque parrebbe che quel crollo atteso non avverrà per un collasso generale delle strutture portanti. La casa vetusta e pericolante che «scopro dalla mia finestra» non consente allora di ipotizzare un imminente suo crollo automatico. Per quel che ho modo di constatare, ipotizzo che qualcuno dovrà operare, dovrà intervenire affinché esso si determini. «Penso con qualche gioia / che un giorno, e non importa / se non ci sarò io, basterà che una rondine / si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti / irreparabilmente, quella volando via». La leggerezza, sia pure la leggerezza d’una rondine, scioglierà quell’insieme. Non il piccone, non una carica di tritolo, non un assalto demolitore. La leggerezza che resta, «volando via» libera, immaginiamo, in un cielo terso di primavera.
Avvertiva Lucio Colletti che «l’opera di Marx è un intreccio di motivi assai complesso È una critica del capitalismo, un’analisi delle contraddizioni interne che lo minano; ma è anche, al tempo stesso, l’esposizione e la ricostruzione del modo in cui, malgrado tutto, il sistema esiste e funziona». Rosa Luxemburg riteneva che quelle interne contraddizioni dell’edificio capitalista si sarebbero coagulate in un blocco del suo funzionamento e tutto insieme il complesso sarebbe scardinato crollando.
Così Franco Fortini apre La posizione, una delle poesie raccolte nel 1973 in Questo muro: «Noi ci troviamo in questo momento in corsa / in una lunghissima curva della pista». E in un altro componimento di quel volume, Gli ospiti, pare a me si ritrovi la «rondine», quando Fortini trascrive le seguenti, celebri, parole di Marx: «I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari. / La sola cosa che importa è / il movimento reale che abolisce / lo stato di cose presente».