
Il 3 maggio scoppiano i primi incidenti a Nanterre, studenti e polizia si affrontano. Decidiamo di partire per Parigi, in macchina, la Volkswagen “Maggiolino” di Giairo. C’è lo sciopero generale in Francia, i distributori di benzina sono chiusi. Ci premuniamo riempiendo quattro taniche da venti litri ciascuna, noi due ci alterniamo alla guida, Ruggero sul sedile posteriore, tranquillo, in mezzo alle taniche, due per parte. Più che una macchina, una bomba. Così da Milano, via Monte Bianco, a Parigi, dove arriviamo con gli ultimi fuochi delle barricate nel quartiere Latino. La sera dormiamo nello studio di Ruggero, abbiamo la mente così esaltata che ci pare possibile veder entrare a ogni momento Modigliani o Picasso. Poi, altri venti giorni di qualcosa che non sapevamo se fosse o no una rivoluzione, ma comunque era qualcosa di esaltante. L’immagine di Ruggero resterà sempre per noi inquadrata in quello scenario, il suo sguardo profondo, la sua pacata profondità, fortunati che tra le tante fiaccole che hanno illuminato il nostro cammino ci sia stata anche la luce della sua arte.