Sandra Teroni
Simone de Beauvoir
Laura Barile

Sandra Teroni, Simone de Beauvoir. Percorsi di vita e di scrittura, Roma, Donzelli, 2021.

Esce da Donzelli l’aureo libretto Simone de Beauvoir – Percorsi di vita e di scrittura di Sandra Teroni: centocinquanta pagine che seguono l’intreccio di vita, amori e scrittura di colei che per prima ha aperto il lungo processo di liberazione delle donne. La recente pubblicazione di scritti intimi e degli epistolari sia con Sartre – l’amore “necessario” – che con gli amori “contingenti” Jacques-Laurent Bost e Nelson Algren (autore di L’uomo dal braccio d’oro) aiuta a coglierne la vitale attualità in una nuova prospettiva, fin dalla bandella di copertina e dalle straordinarie fotografie: dalla prima immagine della bimba un po’ sognante e un po’ pensosa a cinque anni (era nata nel 1908) alla figuretta soda del suo corpicino nudo, che si aggiusta i capelli allo specchio, vista da dietro, in una foto del 1952.

Il libro non segue la cronologia, ma segue, come dice il titolo, i “percorsi”. La scrittura è la leva per sollevare il mondo che la sostenne in una impresa impervia, ma a lei chiarissima fin da subito: e cioè la costruzione di se stessa, il processo di liberazione di sé attraverso la scrittura della vita. La propria vita come opera di scrittura per essere letta e amata: un’avventura che non ha perso niente della sua forza creatrice, e che ha molto da insegnare anche alle generazioni future. Imperativo categorico, per tutti gli umani, e più per le donne, svantaggiate in partenza, è costruire se stessi: e rifiutare i ruoli affrontando la perdita, il dolore, la mancanza.

La scrittura di Simone è da subito scrittura di sé, in una molteplicità di modi e con una estensione impressionante, fin dal primo diario di gioventù, che prosegue tutta la vita; e poi le trasposizioni romanzesche e infine il racconto autobiografico – complesso genere a sé come abbiamo imparato da Philippe Lejeune – che inizia dalla nascita e arriva ai 65 anni; oltre alla sterminata corrispondenza. Quanto ai diari, oltre al Cahier de jeunesse 1927-1929, al Journal de guerre 1939-1941 e ai diari sulla morte della madre e su quella di Sartre, scrive Teroni, «se ne contano almeno un’altra quindicina, tra il 1938 e il 1973, per un totale di qualche migliaio di pagine […]. Il suo è dunque un racconto reiterato: nel diario, nella finzione, nell’autobiografia, nell’interpretazione della finzione all’interno del racconto autobiografico». Una tela di Penelope che riprende lo svolgimento di una vita per rileggerla e reinterpretarla «alla luce delle categorie di caso e necessità, libertà e condizionamento sociale». Perché all’intreccio dei generi corrisponde anche un intreccio dei saperi sempre più allargato, nella vitalissima Parigi del ventennio dopo la guerra, dalla filosofia alla sociologia alla politica all’antropologia.

Il patto con Sartre (21 anni lei, 25 lui), da subito fratello e compagno per la vita con regole e aperture – dettate da lui – prevede pause, soste, escursioni esterne, dirsi tutto: e scopriamo quanti smarrimenti costò questo patto, allontanati e assimilati grazie alla scrittura, nel tentativo di sfuggire alle strette della “malafede” o “falsa coscienza” rispetto a ciò che si è veramente. È il tema delle Memorie di una ragazza per bene (1958), quando ancora la scrittrice pensava che ci si debba salvare insieme all’uomo – tesi, si sa, che le femministe contestarono. Grande smarrimento fu poi la rottura della relazione amorosa con lo scrittore americano Algren, per mantenere il legame “necessario” con Sartre (vedi Les Mandarins, Prix Goncourt 1954); o la dolorosa gelosia negli amori a tre, gli innamoramenti di Sartre…

Il momento chiave è l’uscita di Le deuxième sexe nel 1949, messo all’indice dal Vaticano. L’identità femminile vi è affrontata nei termini culturali (ma quanto materiati di vita vissuta, scopriamo!) di relazione con l’Altro: il soggetto, scrive de Beauvoir, «si pone solo opponendosi: pretende di affermarsi come essenziale facendo dell’altro l’inessenziale, l’oggetto». Hegel interpretato da Kojève e discusso da Lévinas, dunque, l’attualità più cogente nel pensiero filosofico francese del secondo dopoguerra. La donna è l’Altro, è l’oggetto: «come diventare soggetto?» E Teroni: «Ovvero, perché le donne non contestano davvero la sovranità maschile? […] Da dove viene una passività così alienante?». A tali domande Il secondo sesso risponde «con un’altra radicale e impietosa analisi», questa volta sull’ambivalenza femminile.

Il secondo e importante passo è legato alla guerra d’Algeria: in quel frangente l’asse del discorso si sposta dal binomio scrittura – liberazione di sé a quello di Soggetto – Storia. Nell’ottobre 1945 Beauvoir aveva fondato con Sartre «Les Temps Modernes»; ora scrive La force de l’âge (1960). Dopo la rottura con Algren e altri turbinosi incontri, ecco il fantasma dell’abbandono, la vecchiaia incombente: «Que reste-t-il»? si chiede Teroni rubando alla bellissima canzone di un’intera epoca il titolo del paragrafo. Resta la vecchiaia: La vielliesse (1970, titolo tradìto con La terza età), indagine sull’emarginazione e la riduzione anche dei vecchi a “Altri”. E restano infine i Commiati: lo scandalo della morte. La madre nel 1964 (Une mort très douce), ma senza sconti; e poi Sartre, La cérémonie des adieux, 1981. Scandalo della morte e scandalo della finitudine: la scrittura, conclude Teroni, «non salva l’esistenza, ma può dare senso a una vita».

[articolo uscito su «il manifesto» del 28 ottobre 2021]