Nella figura di Loredana Montomoli, venuta a mancare il 13 settembre scorso, si univano in modo naturale attenzione all’altro e affabilità, cortesia e familiarità. Aveva una semplicità nei modi che era sorridente apertura al mondo, e soprattutto curiosità per le singole persone, per le loro storie e i loro caratteri, al di qua di ogni diffidenza o riserva. L’esperienza del dolore, comune a tutti, era per lei come velata da uno stato leggero di letizia, o serenità, che era il volto necessario perché l’interlocutore fosse a suo agio, e sentisse comunque che l’accoglienza era la prima e più vera forma del dialogo. Loredana – Lori per tutta la vasta cerchia di amici – era un’immagine vivente di come l’ospitalità potesse essere non solo una forma di relazione profonda con l’altro, ma passasse, oltre che dalle forme conviviali, soprattutto dall’ascolto e dalla cura. Ho conosciuto Lori nei primi tempi del mio arrivo a Siena: insieme con Attilio Lolini, suo marito, partecipava attivissima nella redazione di «Barbablù», rivista di sapiente e ardita artigianalità, che aveva per sottotitolo «circolare di poesia – rassegna di originali», e naturalmente nelle edizioni Quaderni di Barbablù. Sia Attilio sia Lori collaboravano, anche redazionalmente, alla rivista «Salvo imprevisti», curata da Mariella Bettarini, e ad alcune iniziative culturali della stessa (Lori partecipò anche, nel 2003, al numero di commemorazione dei trent’anni della rivista).
Sin dalla cura per la stampa che proprio Lori seguì per la mia plaquette Chirografie. Variazioni per Mallarmé, 1984, ho avuto occasione di conoscere da vicino e ammirare l’intelligenza grafica e compositiva di chi, accanto ad Attilio, dedicava energie e passione alla nascita di tanti libretti che facevano di una casa (prima in via a Duccio di Boninsegna a Siena, poi in via Aldo Moro a San Rocco a Pilli) una sede editoriale di rilievo. Ricordo che a un certo punto la collana «Chirografie», quando prese consistenza, la presentammo a Milano, al Club Turati, con Antonio Porta e Giovanni Raboni, in un incontro voluto e organizzato da Cesare Viviani. Lori e Attilio, in genere molto restii agli spostamenti, in quell’occasione vennero a Milano. Anche per la nascita della rivista «il gallo silvestre», 1989, la presenza di Lori è stata rilevantissima. Avevo portato un progetto grafico del formato e della copertina preparato a Milano su carta lucida, insieme a un menabò, ma poi con Lori seguii tutti i passaggi concreti verso l’edizione del primo numero, andando in tipografia e lavorando nella sua casa. I suoi consigli erano concreti, spesso istintivi, e semplici, e per questo necessari. Quando invitai la prima volta Edmond Jabès a Siena, Lori e Attilio furono le prime persone alle quali presentai lo scrittore e sua moglie Arlette Cohen: nel primo incontro e in altri, conviviali, che seguirono, la presenza di Lori, con la sua attenta e generosa discrezione, dava all’accoglienza un sapore di quieta distensione e di amicale benessere. La casa di San Rocco a Pilli resterà come rara figura di un luogo dove, insieme al convito e al discorso sulla letteratura e sui suoi effimeri costumi, si poteva sentire la bellezza quasi totemica di altre presenze viventi, come quelle dei gatti e delle piante, che Lori e Attilio proteggevano con grande cura.