A
La figlia che non piange (Torino, Einaudi, 2021) Francesco Scarabicchi (1951-2021) ha affidato il suo passo d’addio, a chiusura di un intenso ciclo poetico iniziato negli anni ’80
1 e, nella sua apparente marginalità di appartato, ben riconoscibile per profilo ed esiti, tra i pochi certi di una stagione ricca sì di poeti ma assai meno, allo stato dell’arte, di poesia realizzata. Il titolo della raccolta proviene da un testo di Vittorio Sereni citato in epigrafe,
Crescita in
Stella variabile (che riprendeva a sua volta, variandolo, un titolo eliotiano:
La figlia che piange, che chiude
Prufrock and Other Observations, 1917), in chiave con la dedica ai familiari su cui s’apre il libro. Ma quella dal Sereni di
Stella variabile – e dall’Eliot ispirato da un’antica stele – non è che una delle tante citazioni (Shakespeare, Rilke, Brecht, Pasolini…) che affiorano nelle pagine, fornendo le coordinate delle varie sezioni e, soprattutto, facendosi tramite del dialogo intimo che la poesia dell’autore intrattiene con i suoi interlocutori, i poeti e gli amici ai quali offre in saluto e in grato omaggio i suoi versi. E allora, forse, il libro stesso è una dedica, se il senso di questo congedo risiede in una estrema consegna amicale di versi segnati da quella «memorabilità non solo semantica ma ritmica e musicale» che Roberto Galaverni ha ravvisato nella produzione lirica di Scarabicchi:
2 un tratto che trova conferma tanto nelle diverse «clausole» che suggellano le sequenze dei versi e dei poemetti (
Lettere dall’esilio,
I mesi,
Le stagioni), quanto nella giustezza e compattezza formale dei singoli componimenti, innestati senza esibizione né retorica nella più nobile “poesia d’occasione” (così del resto s’intitola una delle
Dediche), quale può configurarsi sia come prosa (
Album 1980, di perfetta tenuta) sia in acrostici (
I giorni) di un calendario scandito in strofette-epigrammi (
I mesi):
Primavera
La luce nuova che da marzo regna
sogna l’altura e la marina bassa.
«L’odore intenso del mattino presto».
Inverno
Gelo di tempo fermo e lunghi mesi,
sguardo che custodisce coltre e cuore.
«Neve di nebbia e seme dell’attesa».
Di questo nesso fondativo tra forma e sentimento del tempo, tra
brevitas e lungo corso, vena esistenziale e metapoesia rende conto una dichiarazione dell’autore di vent’anni fa: «Sento una dolorosa debolezza che proviene anche dalla perdita della “tradizione lunga” che forse coincide con una differente coscienza del tempo e con un’angoscia muta che tocca le ragioni profondissime della durata e del futuro, come se tutto dovesse essere consumato qui e ora, in un adesso che arde e si fa cenere rapidamente».
3 Al presente del “consumismo” il poeta dunque oppone, con una fermezza tanto implacabile quanto il tono è colloquiale e pacato, l’utopico ancoraggio ad un tempo diverso, in cui l’esperienza individuale possa farsi traccia intelligibile e condivisa, presenza e durata; e così la cornice elegiaca è percorsa da un terso, ininterrotto ed accorato appello. La metrica ben temperata e il monito dell’assenza, il raffronto di finito e senza fine, confliggono ad ogni passo, ogni volta e per l’ultima volta la poesia è «memoria di ogni adesso che ci lascia, / forma della misura, aurora e senso / dell’infinto istante della storia» (
Più in là d’un breve passo). Dominano lo
sparire, il
mancare, lo
svanire; il
nulla, l’
invisibile, l’
inesistente abitano con insistenza i versi. Eppure le ombre fraterne dei poeti e maestri – Machado, tradotto a lungo e nitidamente;
4 Kavafis, Lorca, Caproni, Scataglini – si affacciano nelle stanze musicali del libro, quasi figure dipinte dall’amatissimo Lotto,
5 ad accompagnare l’uscita di scena dell’io e insieme a ribadire il perdurare del suo lascito, il dono di un futuro indimenticato, possibile e comune; «Come di strada lunga, come a sera / quando nel ritornare si palesa / la via di passi ancora da tentare» (
Clausola).
Note
1 Si veda per una sintesi puntuale la Notizia bio-bibliografica di Massimo Raffaeli in appendice al libro, pp. 141-142.
2 R. Galaverni, Nel labirinto di parole esatte, in «Corriere della Sera», 28 novembre 2021.
3 In «Studi duemilleschi», 2, 2002.
4 Vedi A. Machado, F. Garcia Lorca, Non domandarmi nulla. Versioni di Francesco Scarabicchi, prefazione di F. Pusterla, Milano, Marcos y Marcos, 2015.
5 Memorabile il poemetto Con ogni mio saper e diligentia. Stanze per Lorenzo Lotto, Macerata, liberilibri, 2013.