Un vuoto d’aria, ultima e postuma tappa della produzione poetica di Carlo Bordini, iniziata nel 1975 con Strana categoria,1 continuata tra gli anni Ottanta e Novanta con volumi come Poesie leggere,2 Polvere,3 Pericolo,4 e giunta a una sua parziale collocazione con I costruttori di vulcani5 del 2010, riunisce e riorganizza componimenti apparsi già in varie sedi, virtuali e non, e li consegna, sotto la cura di Francesca Santucci, ad una inedita sistemazione. Tra le varie soluzioni che la critica ha trovato nel tempo per qualificare alcuni aspetti della poesia bordiniana, una delle più efficaci riguarda il riconoscimento, al suo interno, della compresenza di elementi opposti. Sia che si parli insomma di «razionalismo onirico» (Paolo Febbraro), o di «dormiveglia vigile» (Filippo La Porta), ad essere evidente è un’esperienza poetica non riassumibile in un solo ed unico punto di vista. Ulteriori connotati di questa specificità possono però essere, se si prende in esame il profilo complessivo di Bordini, altre due caratteristiche correlabili tra loro. La prima permette di coglierne l’opera in una soluzione di sostanziale continuità, perché molte sono le particolarità formali che nel tempo appaiono costanti, e perché gran parte del lavoro bordiniano può presentarsi, anche, come una riscrittura di sé nelle proprie opere e della propria opera. La seconda è causa e conseguenza di questa omogeneità di fondo, ed è il prodotto di una esigenza espressiva motivata, come più volte è stato ricordato, dalla ricerca di una forma peculiare di autenticità. Autenticità, questa, che non è mai raggiunta tramite celebrazione dell’io o sopravvalutazione estetica di questo stesso tentativo autoscopico, ma che tende semmai a prodursi in un modo diviso, come afferma Gianluigi Simonetti, tra lo sprofondamento nel materiale dell’inconscio e l’introspezione fredda.
Anche in quest’ultimo volume sarà quindi possibile incontrare alcune forme consuete della poetica bordiniana ma pure confrontarsi, quando possibile, con le manifestazioni di uno “stile tardo”. In tre sezioni (Assenza, Vuoto d’aria, e un’Appendice) si articolano poesie e una contenuta quantità di prose che paiono oscillare tra i poli della «poesia d’amore, di desiderio e di rimpianto» e della poesia «di crisi». Se il tema sentimentale sembra, in molte delle sue varie manifestazioni, occupare la raccolta, soprattutto in microsezioni come Poesie molto ciniche o La pietà, questo avviene spesso secondo una prassi scrittoria tesa verso la frammentazione dei periodi e basata su misure sintattiche interessate a riprodurre «l’immobilità, la stasi, i movimenti lentissimi e anche / approssimativi» di una coscienza. A darsi il cambio sono, durante la lettura, occasioni di rammemorazione («Di te ricordo sempre il tassì / Prendevamo il tassì / Andavamo sempre in taxi / Era una cosa romantica»), di rimpianto («ed è tutto bello, perfetto, come un film già visto / e sarebbe bello dimenticare tutto e amarti / perché l’amore è bello e tu sei l’amore»), e di disillusione («Io so che io non ti rendo felice e che tu non mi ami / O meglio, mi ami, ma ami il fantasma di quello che io potrei essere»), mai esasperate ma sempre proposte attraverso «movimenti interni, punti d’appoggio vicini, […] senza mai uscire» da sé. In questo senso Bordini evita ancora senza apparente sforzo il rischio di una facile impostazione lirica. Eppure alcuni toni della sua esposizione riescono a riprodurla, a volte, in una forma caratterizzata da una forte tendenza analitica («Una volta fallita la speranza dell’amore / rimane solo la purezza. L’amara purezza. Ed è proprio questa mancanza di speranza / che mi attira, perché la speranza è sempre / superficialità, e menzogna»), mentre altre volte possono persino imitarla (o lunare / geometrico silenzio / della notte / restituisci classico / ritmo / ai detriti del / giorno / rotti dalla luce»).
Il senso di immobilità, dispersione e concentrazione spazio-temporale tipico della senilità, poi, in qualche caso acuisce questa tendenza, e la perfeziona nella misura in cui riesce a ridurla ai suoi connotati essenziali. Tornano dunque cambiati di segno, in testi che, come afferma Guido Mazzoni nell’introduzione al volume, «iniziano all’improvviso, finiscono all’improvviso e sembrano fatti di frammenti», i luoghi e i momenti della memoria («qui dove sono attualmente sono entrato in una vita / tranquilla lenta. / sono fantasmi queste ragazze che danzano intorno a me»), tornano bilanci asettici compiuti sulla propria storia familiare e sulle conseguenze di un contatto straniato con le figure genitoriali («Non ho mai amato mia madre, né / era possibile, dato che / lei non mi amava»). Ma oltre a tornare si specificano in un discorso poetico che, pur dichiarando l’impossibilità di compiersi («Da molto tempo non ho più idee / Sono capace solo di guardare / Una volta avevo idee») continua a darsi e a porre nuove domande: «E noi cosa/ possiamo fare? La poesia serve a questo. A dirsi / e noi […] cosa possiamo fare?».
1 C. Bordini, Strana categoria, Roma, 1975 (ciclostilato in proprio).
2 C. Bordini, Poesie leggere, Siena, Quaderni di Barbablù, 1981.
3 C. Bordini, Pericolo, Reggio Emilia, Aelia Lelia, 1984.
4 C. Bordini, Polvere, Roma, Empirìa, 1999.
5 C. Bordini, I costruttori di vulcani, Roma, Sossella, 2010.