Antonio Prete,
Carte d’amore
Roberto Barzanti

Antonio Prete, Carte d’amore, Torino, Bollati Boringhieri, 2022.

Decifriamo il titolo: Antonio Prete questa volta non ha scelto né la forma del trattato né quella del saggio. Carte d’amore è un libro che raccoglie spunti e divagazioni secondo un comporre, un accumulare zibaldonico, più diaristico e riflessivo che organicamente preoccupato di chiarire la Fenomenologia – in questo caso – dell’Amore. E lo fa senza ambizioni sistematiche. Amore è parola quant’altra mai polisenso. I dizionari ci hanno insegnato a distinguere: Amore come sentimento, come desiderio illimitato e frustrato, intersessuale secondo canoni considerati “naturali”. Sottolinea più volte l’autore: «siamo essere desideranti» (p. 151). Egli non si occupa di amore mistico che di sfuggita. Né dell’agápe cristiana, dell’amore immenso e divino che confina con la compassione. «Il rapporto tra eros e agape è stato spesso visto come conflitto, tensione ed esclusività reciproca» (Nuovo dizionario di spiritualità, diretto da Michael Downey, LEV 2003, p. 59).1 Oggi prorompe un Eros travolgente, crudele, avvelenato, proprietario che sembra dilagare nel nostro tempo di squinternata postmodernità. È un libro inattuale: l’area che Prete febbrilmente perlustra per sondaggi è prevalentemente romantica, postromantica, neoclassica, si spinge oltre fino alla soglia del modernismo proustiano e non ignora Barthes, Marcuse, Lacan etc. Pur senza confini invalicabili sta in quello spazio a scompigliare e rovistare le carte. Non c’è da aspettarsi un libro di antropologia o di sociologia o comunque di indagine sul reale contemporaneo. La realtà è mediata dalla poesia, dalla scrittura, si rispecchia, appunto, nelle carte. L’interesse primo si rivolge alla lingua e non può fare a meno di contestualizzare il discorso nelle occasioni in cui viene pronunciata o concepita, ma non ci aspetti un dictionnaire, una casistica morale. L’influenza fondamentale che domina proviene dalla Francia. Accenno a qualche parola-tema suffragata da esempi nelle considerazioni svolte nei capitoli del breviario. Solo qualche spunto di lettura. «Voler scrivere l’amore – ha scritto Roland Barthes –, significa affrontare il guazzabuglio del linguaggio, quella zona confusionale in cui il linguaggio è insieme troppo e troppo poco, eccessivo (per l’illimitata espansione dell’io, per la sommersine emotiva) e povero (per i codici entro i quali viene costretto e appiattito l’amore)».2

Apparizione, il «potere folgorante dell’immediatezza». E si pensa subito alla figura dell’Annunciazione (Luca, I, 23-38). Beatrice «Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata alla guisa che alla sua giovanissima etade convenia». Tra questi luoghi cristiani e la modernità sussiste un legame profondo: «Non so esprimere con parole, senza alterare il vero, a qual punto, al solo vederlo, giunsero il disordine e lo sconvolgimento di tutto il mio essere».3

Il desiderio che muove l’uomo o la donna non ha limiti. «Così il desiderio che ha l’uomo di amare, è infinito non per altro se non perché l’uomo si ama di un amore senza limiti».4

Si leggano nella leopardiana Alla sua donna i vv. 34-44. L’innamorato si appaga dell’immagine, del dilettoso inganno. La postura è chiarita in una celebre lettera: «En effet il n’appartient qu’à l’imagination de procurer à l’homme la seule espèce di bonheur positif dont il soit capable» (a A. Jacopssen, 23 giugno 1823). E curioso venire a sapere che il fondatore di Comunione e Liberazione, Don Giussani, sillabava come preghiera della sera i versi di Giacomo: «ciò che cercava nella donna amata era “qualcosa” oltre essa». Il confine tra sacro e profano è molto labile.

Altre parole del lessico di questo vocabolario nono vocabolario: Turbamento, Fascinazione («Io benedico chi t’ha fatto l’occhi / che te l’ha fatti tanto innamorati»), Iconizzazione, la Cristallizzazione stendhaliana. E poi, rinunciando alla completezza: Silenzio/Segreto, Lettera, Infedeltà e Gelosia, Tenerezza, Lacrime. Di particolare interesse con le pagine che trattano la contiguità via via più stretta che si stabilisce tra Amore e Amicizia. Prete si rifà al Cicerone delle Tusculane: «L’amore è un tentativo di ottenere l’amicizia di chi ci ha colpito con la sua bellezza». «L’amore è un amicizia impazzita» sentenziò Seneca. Montaigne nettamente divisivo: «Fra uomo e donna non può esserci amicizia. Vi può essere passione, ostilità, adorazione, amore, ma non amicizia» (cfr. p. 134). Il non fiorire dell’amore, la mancanza avvertita come frustrazione dello status desiderato ardentemente accresce l’ansia: «Può accadere che proprio questa rivelazione, questo non accadere dell’amore, alimenti l’amicizia» (cfr. pp. 137-138). La confrérie amicale teorizzata da Montaigne è un compimento spirituale o un surrogato monco?

In questo passaggio Prete si concede un’escursione sociologica sul Sessantotto e l’innovazione tempestosa che scatenò, via via allargatasi fino a includere un’estrema varietà di figure, sdoganando dalla clandestinità o da un velato pudore omosessualità, omoerotismo etc., una sensualità non prigioniera delle buone maniere. Ma Musil e Mann avevano implicitamente, per allusioni, scritto sul tema pagine memorabili. L’apparizione di Tadzio dalle acque riproduce un movimento neorinascimentale, botticelliano: «Egli tornò a riva, fendendo rapido e a testa rovesciata l’acqua che resisteva alle sue gambe, e sollevandola in spuma; e lo spettacolo di quella figura viva, giovanilmente acerba e piena di grazia che sorgeva dai riccioli grondanti dalla profondità del cielo e, bella come un dio, si scioglieva nell’amplesso dell’onda…» (traduzione di Bruno Maffi).

Corpo, Bellezza, Grazia divina, umanizzata Natura. Ci sono tutti gli ingredienti di una figuratività simbolista, cui certo non mancherà seguito. Amore e Morte infine, e si ritorna a Leopardi. In termini realistici lo svolgimento del tema dà luogo in Proust che piange la morte di Albertine ad un senso dell’amore che vince il tempo: «Ed ero felice in fondo di non innamorarmi di un’altra donna: mi rendevo conto che quel grande amore prolungato era quasi l’ombra del sentimento che avevo avuto per lei, riproducendo le diverse parti ed obbedendo alle leggi medesime delle realtà sentimentale che rifletteva oltre la morte».5 Fatto è che l’amore è esperienza che rivela fragilità e vigore, il desiderio di oltrepassare la caducità del tempo e il nulla in cui si precipita. Una chiosa a margine al sollecitante libro di Antonio: «Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla» (Cesare Pavese, 25 marzo 1950).

Note

1 Nuovo dizionario di spiritualità, diretto da M. Downey, ed. it. a cura di L. Borriello, Città del Vaticano, LEV, 2003, p. 59

2 R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, trad. it. di R. Guidieri, Torino, Einaudi, 1977, p. 185.

3 Stendhal, Dell’amore, trad. it. di S. Moravia, Milano, Garzanti, 1976, cap. XXIII su «I colpi di fulmine».

4 G. Leopardi, Zib. 388.

5 M. Proust, La fuggitiva, trad. it. di F. Fortini, Torino, Einaudi, 1963, p. 122.