Non è un caso che in esergo al recente romanzo di Alessandra Sarchi, Il ritorno è lontano, vi siano dei versi di Franco Fortini (da cui lo stesso romanzo trae il titolo), tratti da Canzone per una bambina, in cui leggiamo: «Di pomeriggio il bosco / fa l’incanto del sonno». Negli stessi versi di Fortini, il bosco viene associato all’incanto e alla magia della sera e della notte incipiente, quando il fitto fogliame comincia a velarsi di buio e di silenzio. Il bosco appare quasi come un luogo sacro e misterioso, che bisogna rispettare e anche temere, quando iniziano a calare le tenebre. Il bosco è una presenza sacra e magica anche per Nina, uno dei personaggi principali del romanzo di Sarchi: quasi come la Patricia Westerford di Il sussurro del mondo (The Overstory, 2019) di Richard Powers, una dendrologa che intende raggiungere uno stato di simbiosi con le piante, Nina afferma che non «dobbiamo ancora considerarci stupidamente superiori ai vegetali» perché è grazie alle piante che è garantita la nostra sopravvivenza sul pianeta. Nina è una giovane attivista ambientale che, già leader della protesta dei Fridays for Future, si è trasferita ad Amburgo per motivi di studio, e qui partecipa alle lotte di un gruppo ambientalista contro l’abbattimento degli alberi per la costruzione di sempre nuove miniere. La ragazza, nel romanzo, è l’esponente di una vera e propria deep ecology che considera umanità e natura come un tutto inscindibile;1 è colei che si batte perché la cultura ambientale debba «fare, sempre e in ogni circostanza, come se la sua parola, le sue domande, le sue conclusioni potessero cambiare le sorti dell’umanità».2
Nina, infatti, è convinta che non ci siano distinzioni fra cultura “umana” in senso stretto e cultura ambientale: per lei, la lotta per salvare la natura, per battersi contro l’inesorabile cambiamento climatico equivale alla lotta quotidiana per aiutare un bambino problematico come Pietro, che la madre Sara e il padre Paolo hanno preso in affido. Infatti, così si rivolge alla madre: «Molto potrebbe anche non essere abbastanza. Tu dici sempre che se si abolisse la combustione di carbone fossile si farebbe già molto, ma non abbastanza per impedire l’innalzamento della temperatura. Ho l’impressione che con Pietro sia la stessa cosa: facciamo molto ma non basta a salvarlo». La ragazza pensa che sarebbe necessaria una vera rivoluzione culturale affinché l’uomo possa occuparsi attivamente delle problematiche ambientali: «Cambiare il modo di pensare delle persone, di milioni di persone, è difficile. Hanno le loro abitudini, il loro interesse. Ho capito che l’ostilità e la resistenza non vengono solo dai grandi gruppi industriali o dagli estremisti di destra, ma dai singoli. Dall’indifferenza. L’interesse privato è l’unica cosa che nessuno mette mai in discussione». Per battersi contro questa indifferenza, Nina giunge fino a – per utilizzare un’espressione cara a Pier Paolo Pasolini – «gettare il proprio corpo nella lotta», togliendosi maglia e reggiseno e restando a seno nudo di fronte ai taglialegna. Nel già citato Il sussurro del mondo, per scongiurare l’abbattimento di una foresta di sequoie secolari, gli attivisti Nick e Olivia vivono a lungo in una casa costruita su un albero, mettendo a repentaglio la loro stessa vita nel momento in cui arrivano i taglialegna.
Battersi in nome della tutela ambientale contro l’indifferenza e gli interessi privati e personali degli individui è quasi impossibile, come in un precedente romanzo di Sarchi in cui la scrittrice affrontava importanti tematiche ecologiche, Violazione (2012), dove l’imprenditore Primo Draghi, che devasta e annienta la natura delle campagne bolognesi in nome del suo tornaconto economico, quasi rappresenta in toto l’agire degli individui completamente subordinati a dinamiche di indifferenza in materia di ambiente. Come scrive Niccolò Scaffai, «il romanzo diviene così la rappresentazione di un continuo inevitabile conflitto tra la terra e la storia (persino l’antica via Emilia è la traccia di una violenza ai danni del paesaggio), tra la casa – oikos personale – e l’ambiente – oikos comune – modificato per costruirla».3 Tra l’altro, il desiderio di natura che investe i due personaggi di Violazione, Alberto e Linda, e che li spinge ad acquistare la casa dall’imprenditore senza scrupoli, assomiglia molto al desiderio di Sara, in Il ritorno è lontano, di tornare ad avere un bambino dopo un’operazione all’utero che l’ha privata della possibilità di avere figli. Se Alberto e Linda avvertono un desiderio di natura che cercano di appagare acquistando la casa, Sara, la madre di Nina, avverte il desiderio di tornare ad occuparsi di una giovane vita che cresce. In queste dinamiche di desiderio, quindi, non ci sarebbe poi molta differenza fra la natura e la giovane vita umana. Nel nuovo romanzo di Sarchi, tra l’altro, incontriamo il tema dell’io di fronte alla natura che – come sempre osserva Scaffai – caratterizza molte narrazioni italiane contemporanee.4 In Il ritorno è lontano, il baricentro viene però spostato dal paesaggio italiano (presente, ad esempio, in Violazione) a quello europeo, tedesco in particolare.
Nina, ambientalista fino in fondo, è poi decisa a non avere figli (ponendosi in netta contrapposizione alla madre e al suo desiderio) per non pesare sulla futura, insostenibile sovrappopolazione del pianeta. La sua idea appare curiosamente simile a quanto Donna Haraway scrive in Chtulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto (Staying with the Trouble – Making Kin in the Chtulucene, 2016), laddove la studiosa invita a «generare parentele per ridurre il numero di esseri umani sulla Terra e le loro esigenze, lasciando allo stesso tempo prosperare gli umani e le altre creature».5 E – continua Haraway – «generare parentele e riequilibrare il numero degli esseri umani è un processo che deve avvenire attraverso connessioni rischiose con luoghi, corridoi ecologici, posizioni storiche e lotte decoloniali e postcoloniali continue, e non in astratto, né per decreto esterno».6
In tutta la narrazione di Il ritorno è lontano vibrano le corde di una tensione all’unità, alla creazione di connessioni laddove si delineano entità separate: vita umana e vita vegetale, cultura antropocentrica e cultura ambientale, desideri e interessi privati e personali e istanze invece legate a un’intera comunità sociale. Nina “getta il proprio corpo nella lotta” senza risparmio, entrando anche in contrasto con la famiglia mentre intorno si dipanano temi e motivi che lambiscono la stringente attualità, come le proteste ambientali o il rafforzamento della destra estrema e delle sue violenze. E anche se getta il suo corpo nella lotta, si potrebbe dire – parafrasando il titolo (e i versi di Fortini) – che una cultura ambientale tout court è ancora lontana, e lungo è ancora il cammino da percorrere per smuovere le coscienze in questo senso. Tante piccole crepe, intanto, si delineano però nella granitica indifferenza che ci circonda.
1 Cfr. S. Iovino, Ecologia letteraria. Una strategia di sopravvivenza, Milano, Edizioni Ambiente, 2015, p. 42.
2 Ivi, p. 72.
3 N. Scaffai, Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa, Roma, Carocci, 2017, pp. 213-214.
4 Cfr. ivi, p. 211 e seguenti.
5 D. Haraway, Chtulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, trad. it. di C. Durastanti e C. Ciccioni, Roma, Nero, 2020, p. 156.
6 Ivi, pp. 156-157.