Donatello Santarone,
Trepido seguo il vostro gioco

Donatello Santarone, Tre­pido seguo il vostro gioco. Anto­lo­gia di sport e let­te­ra­tura, Bologna, Zani­chelli, 2015.

In questo libro, il cui titolo è tratto da un verso di Umberto Saba, indirizzato sia agli studenti sia a quanti siano appassionati di calcio e di sport in generale, Santarone coniuga le proprie conoscenze delle letterature europee e mondiali con la passione per il calcio e altri sport popolari quali ad esempio il ciclismo o la boxe.

Il libro, ricco di splendide immagini e molto curato da un punto di vista editoriale, si suddivide in sei capitoli nei quali si affronta il tema del calcio, della boxe, del ciclismo, della maratona e del baseball. Come scrive Massimo Raffaeli su «il manifesto» del 21 marzo scorso: «l’autore muove dalla con­sa­pe­vo­lezza che lo sport, qui e adesso, non solo è parte inte­grante dell’immaginario col­let­tivo ma è anche una pra­tica lin­gui­stica e/o uno scam­bio sim­bo­lico che ha saputo gene­rare una impo­nente letteratura». Più precisamente Santarone nella presentazione scrive: «Lo sport, come la letteratura, è un’arte, cioè un insieme di norme che consentono la creatività». E aggiunge: «Lo sport, come la letteratura, allude sempre a una dimensione umana e storica: è fatto di vite di campioni e di gregari, di comunità o di intere nazioni che in determinati momenti si identificano in un atleta o in una squadra». Per Santarone lo sport come la letteratura è in grado di regalare piacere estetico, gioco, bella forma e «talvolta nasconde o rivela, gli orrori della storia e dell’esistenza». Se ci soffermiamo su quest’ultima affermazione capiamo subito che l’autore affronta il tema dello sport in un’ottica che è anche politica perché affida un ruolo alto e anche educativo allo sport.

Difficile dar conto della ricchezza e varietà di queste pagine, della passione che si scorge specie per il gioco del calcio, così come è difficile attraversare le pagine di letteratura scelte con perizia e gusto per commentare gli sport. La boxe, ad esempio, con le pagine di Jack London e Ernest Hemingway porta ad affrontare il tema razziale. Per una suggestione di ordine autobiografico, posso ricordare, in tema di ciclismo, con quanta passione seguissi io stessa il Giro d’Italia, tifando per Coppi. Giustamente Raffaeli scrive: «in Ita­lia, il paese della riva­lità fra Coppi e Bar­tali, risulta la disci­plina più dome­stica e insieme l’arte della fatica nera, con le pagine di alcuni inviati d’eccezione al Giro (Dino Buz­zati, Vasco Pra­to­lini) e gli stralci dai libri più belli di chi fu un pio­niere e un mera­vi­glioso inven­tore della scrit­tura spor­tiva, Gianni Brera, fir­ma­ta­rio fra l’altro di una bio­gra­fia del Cam­pio­nis­simo, Coppi e il diavolo. Di rilievo anche le pagine che Luciano Bianciardi dedica al ciclismo: Il Tour un articolo comparso sulla «Gazzetta dello Sport» il 24 luglio del 1952 (pp. 107-109) e Nostalgia dell’isolato da «ABC» del 7 luglio del 1968, articolo nel quale Bianciardi «mette a confronto il ciclismo delle origini praticato da “contadini famelici” analfabeti che mangiavano poco e dormivano sulla paglia, con quello alla fine degli anni Sessanta, fatto di sportivi che sanno parlare e anche scrivere libri». L’articolo documenta ancora una volta il forte intreccio esistente tra la descrizione sportiva e la critica di costume. Il baseball, lo sport nazionale per eccellenza negli USA, è visto attraverso le pagine Bernard Malamud, di Philp Roth e di Don DeLillo. Al calcio , per la sua diffusione su scala mondiale, sono riservati il primo e l’ultimo capitolo del libro. Il primo tratta questo sport in quanto disciplina sportiva e con testi di autori solo italiani; il secondo affronta il calcio come spettacolo “mondiale”. Cito ancora una volta Raffaeli: «Nella prima figu­rano le pagine cano­ni­che dei poeti (il già citato Saba delle Cin­que poe­sie sul gioco del cal­cio ma anche Vit­to­rio Sereni, Gio­vanni Giu­dici, Gio­vanni Raboni, Mau­ri­zio Cuc­chi e un Edoardo San­gui­neti tifoso del Genoa che non ci aspet­te­remmo), men­tre nella seconda, che è anche la sezione più aper­ta­mente cri­tica ed eti­mo­lo­gi­ca­mente poli­tica del volume, si intro­du­cono i pro­blemi della mer­ci­fi­ca­zione di que­sto sport, ad ogni suo livello, e del tifo come vera e pro­pria reli­gione media­tica».

A chi legga le pagine di Saba, Sereni, Giudici, Raboni e passi poi a leggere le pagine odierne dei giornali sportivi non potrà sfuggire il cambio di passo quasi si parlasse di sport differenti. Ed è per questo motivo che tengo a sottolineare il carattere politico o se si preferisce educativo di questo bel libro di Donatello Santarone. Chiudo con una citazione da Splen­dori e mise­rie del gioco del cal­cio di Galeano perché descrive assai bene questo danno al bel gioco: «La sto­ria del cal­cio è un tri­ste viag­gio dal pia­cere al dovere. A mano a mano che lo sport si è fatto indu­stria, è andato per­dendo la bel­lezza che nasce dall’allegria di gio­care per gio­care. Oggi, il cal­cio pro­fes­sio­ni­stico condanna ciò che è inu­tile, ed è inu­tile ciò che non rende. Per for­tuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qual­che sfac­ciato con la fac­cia sporca che esce dallo spar­tito e com­mette lo spro­po­sito di met­tere a sedere tutta la squa­dra avver­sa­ria, l’arbitro e il pub­blico delle tri­bune, per il puro pia­cere del corpo che si lan­cia verso l’avventura proi­bita della libertà».