Il libro, ricco di splendide immagini e molto curato da un punto di vista editoriale, si suddivide in sei capitoli nei quali si affronta il tema del calcio, della boxe, del ciclismo, della maratona e del baseball. Come scrive Massimo Raffaeli su «il manifesto» del 21 marzo scorso: «l’autore muove dalla consapevolezza che lo sport, qui e adesso, non solo è parte integrante dell’immaginario collettivo ma è anche una pratica linguistica e/o uno scambio simbolico che ha saputo generare una imponente letteratura». Più precisamente Santarone nella presentazione scrive: «Lo sport, come la letteratura, è un’arte, cioè un insieme di norme che consentono la creatività». E aggiunge: «Lo sport, come la letteratura, allude sempre a una dimensione umana e storica: è fatto di vite di campioni e di gregari, di comunità o di intere nazioni che in determinati momenti si identificano in un atleta o in una squadra». Per Santarone lo sport come la letteratura è in grado di regalare piacere estetico, gioco, bella forma e «talvolta nasconde o rivela, gli orrori della storia e dell’esistenza». Se ci soffermiamo su quest’ultima affermazione capiamo subito che l’autore affronta il tema dello sport in un’ottica che è anche politica perché affida un ruolo alto e anche educativo allo sport.
Difficile dar conto della ricchezza e varietà di queste pagine, della passione che si scorge specie per il gioco del calcio, così come è difficile attraversare le pagine di letteratura scelte con perizia e gusto per commentare gli sport. La boxe, ad esempio, con le pagine di Jack London e Ernest Hemingway porta ad affrontare il tema razziale. Per una suggestione di ordine autobiografico, posso ricordare, in tema di ciclismo, con quanta passione seguissi io stessa il Giro d’Italia, tifando per Coppi. Giustamente Raffaeli scrive: «in Italia, il paese della rivalità fra Coppi e Bartali, risulta la disciplina più domestica e insieme l’arte della fatica nera, con le pagine di alcuni inviati d’eccezione al Giro (Dino Buzzati, Vasco Pratolini) e gli stralci dai libri più belli di chi fu un pioniere e un meraviglioso inventore della scrittura sportiva, Gianni Brera, firmatario fra l’altro di una biografia del Campionissimo, Coppi e il diavolo. Di rilievo anche le pagine che Luciano Bianciardi dedica al ciclismo: Il Tour un articolo comparso sulla «Gazzetta dello Sport» il 24 luglio del 1952 (pp. 107-109) e Nostalgia dell’isolato da «ABC» del 7 luglio del 1968, articolo nel quale Bianciardi «mette a confronto il ciclismo delle origini praticato da “contadini famelici” analfabeti che mangiavano poco e dormivano sulla paglia, con quello alla fine degli anni Sessanta, fatto di sportivi che sanno parlare e anche scrivere libri». L’articolo documenta ancora una volta il forte intreccio esistente tra la descrizione sportiva e la critica di costume. Il baseball, lo sport nazionale per eccellenza negli USA, è visto attraverso le pagine Bernard Malamud, di Philp Roth e di Don DeLillo. Al calcio , per la sua diffusione su scala mondiale, sono riservati il primo e l’ultimo capitolo del libro. Il primo tratta questo sport in quanto disciplina sportiva e con testi di autori solo italiani; il secondo affronta il calcio come spettacolo “mondiale”. Cito ancora una volta Raffaeli: «Nella prima figurano le pagine canoniche dei poeti (il già citato Saba delle Cinque poesie sul gioco del calcio ma anche Vittorio Sereni, Giovanni Giudici, Giovanni Raboni, Maurizio Cucchi e un Edoardo Sanguineti tifoso del Genoa che non ci aspetteremmo), mentre nella seconda, che è anche la sezione più apertamente critica ed etimologicamente politica del volume, si introducono i problemi della mercificazione di questo sport, ad ogni suo livello, e del tifo come vera e propria religione mediatica».
A chi legga le pagine di Saba, Sereni, Giudici, Raboni e passi poi a leggere le pagine odierne dei giornali sportivi non potrà sfuggire il cambio di passo quasi si parlasse di sport differenti. Ed è per questo motivo che tengo a sottolineare il carattere politico o se si preferisce educativo di questo bel libro di Donatello Santarone. Chiudo con una citazione da Splendori e miserie del gioco del calcio di Galeano perché descrive assai bene questo danno al bel gioco: «La storia del calcio è un triste viaggio dal piacere al dovere. A mano a mano che lo sport si è fatto industria, è andato perdendo la bellezza che nasce dall’allegria di giocare per giocare. Oggi, il calcio professionistico condanna ciò che è inutile, ed è inutile ciò che non rende. Per fortuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l’arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia verso l’avventura proibita della libertà».