darrere el glacial no-res d’aquesta
porta, aquí, on visc i sento
l’enyor i el crit de Déu i sóc,
amb els ocells nocturns de la meva solitud,
un home sense somnis en la meva solitud.1
S. Espriu
Con naturalezza costruisce mura e frontiere, ne conosce i limiti e cerca di comprenderne il mistero. La penna scorre sulla carta, travolta da un obbligo interiore, morale: documentare le ansie, le inquietudini di colui che la impugna e consentirgli una eterna quanto fragile redenzione. Come afferma lo stesso Montobbio, l’arte è un’avventura salvifica, che si intraprende e realizza per salvare se stesso.2
L’arte, la poesia, allora, sembrano placare il turbamento per l’assenza di un dio invocato nelle pagine o rievocato dalla velata simbologia cristiana. L’uomo rivendica il proprio ruolo, di decifratore dell’esistenza e complice del trascorrere del tempo, pur percorrendo a tastoni il cammino di una vita irta d’ostacoli, alla ricerca dell’alba e della luce. Lo spirito, depurato dalla carne, trascende e diventa vivo nella poesia, strumento del vento, dell’aria che vibra. L’ispirazione, o meglio la fulgida illuminazione, imprimono gli sprazzi della coscienza poetica sul fondo di una pellicola oscura, di cui nemmeno il poeta sembra a volte conoscerne la trama. Le opere di Montobbio nascono dal guizzo di un istante e non necessitano di revisioni e ripensamenti, perché ramificazioni continue di un unico, solido, sentire poetico.
In particolar modo, le poesie proposte qui in traduzione, accentuano un aspetto già presente nella poetica di Montobbio, quello dello sguardo maturo e inerme sull’assurdità della vita, della condizione umana. La verticalità, una certa sospensione del linguaggio e un intenzionale risalto di alcuni termini o concetti emergono con forza in questo florilegio ancora inedito sia in Spagna, patria dell’autore, che in Italia, patria adottiva, come la Francia. Il linguaggio, più colloquiale in precedenti produzioni, e l’immaginario, prima costellato di apparizioni umane, convergono ora verso l’annullamento della dimensione esterna, per focalizzarsi sulla sensibilità del poeta. Il lirismo della desolazione umana teme l’oblio, la perfida evanescenza della memoria, e allo stesso tempo lo richiama a sé, per superarlo e incastrarlo nelle proprie maglie.
La lucida poesia di Santiago Montobbio emerge dal pozzo dell’incertezza, trascinando nella sua ascesa echi delle vocazioni di maestri del passato e del presente, di Onetti, Sábato, nonché di Foix, Espriu, Seferis, ma sceglie un cammino personale perché «l’arte nasce dal fondo di se stesso, non può essere appresa da un altro. Può esserne incoraggiata o stimolata, ma non acquisita, se non la portiamo già dentro con noi».3
Nota biografica
Santiago Montobbio de Balanzó nasce a Barcellona nel 1966. Laureato in Diritto e in Lettere presso l’Università di Barcellona, è docente di letteratura presso ESADE e la UNED. Ha pubblicato le seguenti raccolte: Hospital de inocentes (1989), Ética confirmada (1990), Tierras (1996), Los versos del fantasma (2003), El anarquista de las bengalas (2005), finalista del premio Quijote 2006, e Absurdos principios verdaderos (2006).
Il primo libro, Hospital de inocentes, fu un successo di pubblico e critica e ricevetti gli elogi di numerosi intellettuali, tra cui Sábato, Onetti, Martín Gaite, Cela, Delibes. Ha inoltre dato alle stampe un libro d’arte, frutto della collaborazione con il pittore Lluís Ribas, Los colores del blanco (2009).
È stato tradotto in inglese, francese, italiano, tedesco, danese, portoghese. In Francia, dove è molto apprezzato, è apparsa pochi anni fa un’antologia della sua poesia, Le théologien dissident (2008).
I.
Doy cuerda al reloj de ningún tiempo. |
I.
Carico l’orologio di nessun tempo. |
II.
Trabajo en la montaña. Soy guardabosques, |
II.
Lavoro sulla montagna. Sono guardaboschi, |
III.
En la calle oscura del olvido, |
III.
Nella via oscura dell’oblio |
IV.
El hombre busca un alba en los caminos. |
IV.
L’uomo cerca un’alba nei sentieri. |
V.
En medio de un camino me he perdido. |
V.
Nel mezzo di un cammino mi sono perso. |
VI.
El aire puede ser también un aire triste. |
VI.
L’aria può essere anche un’aria triste. |
VII.
Un poema es un misterio. Nunca lo alcanzo |
VII.
Una poesia è un mistero, non la afferro mai |
VIII.
La luna se esconde, se esconde en la noche, |
VIII.
La luna si nasconde, si nasconde nella notte, |
IX.
Hay dolor y sombra en los sonidos. |
IX.
C’è dolore e ombra nei suoni. |
1 Sì, puoi incontrarmi, se hai coraggio / dietro il glaciale nulla di questa / porta, qui, dove vivo e sento / questa nostalgia e il grido di Dio e sono / con gli uccelli notturni della solitudine / un uomo senza ormai sogni nella mia solitudine.
2 Un’espressione che appare frequentemente nelle interviste è la seguente: «La poesía es una rama civil y laica de la soterología, la ciencia de la salvación. Porque escribo para salvarme» («La poesia è una branca civile e laica della soterologia, la scienza della salvezza. Perché scrivo per salvarmi»). Cfr. Escribo desde un profundo amor, in «El ciervo», 672, Barcelona, marzo 2007 e G. López Forcén, Una entrevista a Santiago Montobbio, in «El coloquio de los perros», 25, otoño, 2009.
3 «Creo que el arte nace del fondo de uno mismo, y que no puede aprenderse de otro. Puede ser alentado o estimulado, pero no adquirido, si ya no lo llevamos dentro», in L. Zerón, Entrevista con Santiago Montobbio, Barcelona-México, noviembre 2006. Pubblicata in «BABEL», Año XXI, 51, Caracas, enero-marzo 2009.