Nel n. IV-V, 2001-2002, «L’ospite ingrato» ha pubblicato una scelta dalla corrispondenza Cases – Fortini (Lettere scelte 1966 – 1968), il saggio di R. Venuti “Poeta suavissime”, “Magister clarissime”. Fortini, Cases e la traduzione del Faust, e di Fortini la conferenza Venture e sventure di un traduttore; nel n. 2, VIII, 2005, all’indomani della scomparsa, il saggio di Cases Il mito della cultura tedesca in Italia e l’intervento di Pier Vincenzo Mengaldo Per Cesare Cases.
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In La macellazione del maiale ovvero Fortini e la parodia (in Per Franco Fortini, a cura di Carlo Fini, Padova, Liviana, 1980), dopo aver confessato di covare «una profonda diffidenza per le forme moderne e una nostalgia reazionaria di rime e metri regolari, che può trovar sfogo solo nella parodia», Cases raccontava di esser riuscito una sola volta a piegare Fortini alla propria «concezione della poesia»: «fu nell’Epifania del 1944, quando egli, ammantato da Befana che porta regali ai bambini, si esibì alla festa della Colonia Libera Italiana di Zurigo, che raccoglieva i connazionali antifascisti, recitando un monologo in versi – ottonari rimati alla “Corriere dei piccoli” – da me composto per l’occasione». (Aggiunge poi, Cases: «Molti anni più tardi espiai duramente questa vittoria rivedendo con lui, sotto l’aspetto filologico, la sua traduzione del Faust e assistendo con orrore al deliberato rifiuto di ogni tentazione di rime e calchi in versi tradizionali. Ogni tanto gli facevo delle timide proposte che egli sdegnosamente respingeva. Se avesse dato retta a me, sarebbe venuta fuori una traduzione non tanto simile a quelle dell’Errante o della Scalero quanto appunto al “Corriere dei piccoli”»).
Al periodo dell’esilio e al loro incontro in Svizzera fa riferimento Fortini in versi scherzosi (o appunto, parodistici) dedicati all’amico in una lettera del maggio 1974 conservata nell’Archivio Fortini dell’Università di Siena,1 che qui pubblichiamo per la prima volta.
Salìa d’Elvezia un milanese ebreo
che d’Europa fuggìa l’ora infelice,
il tempo reo.
Il casto ardor di mansueti studi
gli brillava nel guardo…
………..
………..
Eri quei, Cases, tu? Ahi, dì remoti,
sere assorte su torbi cafés-crème…
………..
Mio duodecimo lustro volge ormai
e le ossa stanche e il mal connesso splene
a lunghe ore di treno confidai
per lunghe pene…
[cecidere manus]
1 Da: F. Fortini, [Lettera] 1974 magg. 26, Milano [a] Cesare [Cases], 1 c., ; 21×15 cm. Carta intestata. Fondo F. Fortini della Biblioteca Umanistica di Siena.