Per Mavì
Lorenzo Pallini

Mavì non è più qui. Tra noi.

Ricordo che quando ci sentivamo al telefono, alla mia domanda “Come stai, Mavì?”, lei invariabilmente rispondeva “Male, grazie!”… subito dopo la sentivo sorridere e di lì si cominciava a chiacchierare e discutere, talvolta molto a lungo. Sul suo profilo whatsapp c’era sempre una foto assai buffa, di lei sorridente, seduta su un deambulatore e con un casco in testa. Quella fotografia diceva molto della sua tenera ironia e ferrea dolcezza. Ricordo la prima volta che la conobbi di persona, andandola a trovare in Sardegna su consiglio di Velio Abati e Donatello Santarone; in quell’occasione registrammo insieme una lunga intervista, in piccola parte poi inserita nel mio documentario Memorie per dopodomani, che qui ripropongo integralmente:

All’indomani della morte di Fortini, tra ottobre e novembre del 1995, Mavì De Filippis ideò e promosse presso il Cipec di Milano una serie di incontri; da questi trasse poi la raccolta Uomini usciti di pianto in ragione (Manifestolibri, 1996) con interventi di Roberto Finelli, Luca Lenzini, Edoarda Masi, Velio Abati, Donatello Santarone, Sergio Bologna, Giuseppe Nava, Jean-Marie Straub e di altri rappresentanti della “galassia Fortini”. Lei stessa scrisse allora nell’introduzione:

Ho scelto il verso «Uomini usciti di pianto in ragione» quale titolo del libro: un verso di Fortini tratto dalla poesia Canzone del 1955, che fa parte della raccolta Poesia e errore, in particolare della sezione I destini generali. Nel corso della lunga intervista che feci a Fortini nel dicembre del 1989, a proposito di questo verso disse: «Se posso citare me stesso, una delle mie prime visioni di avvenire, che si accompagnava anche all’immagine di certe figure di Masaccio, era appunto in questo verso: ‘uomini usciti di pianto in ragione’. Usciti di pianto in ragione, dove il pianto non è certamente sottovalutato, anzi è la condizione. Ma c’è un’emersione, una possibilità di emergere attraverso la sofferenza, il dolore, la pena e anche la non-ragione, l’angoscia. Un verso di cui non mi pento». Ho scelto, dicevo, questo verso per il suo significato o meglio per il significato che, al di là del senso che Fortini gli dà in quel contesto, oggi mi sembra di potergli dare io, un duplice significato: da un lato noi possiamo uscire dal pianto per la morte di Franco, per riprendere un diverso dialogo con lui e su di lui, dall’altro dobbiamo uscire, come uomini di sinistra, dal pianto autocommemorativo e sterile dalle nostre sconfitte. Uscire dal pianto e ragionare, ossia, leggere, capire, discutere per cercare di riprendere un discorso critico e di qui tentare di mutare qualcosa della realtà.

Mavì era legatissima sia a Franco che a Ruth e ne parlavamo assai spesso. Teneva molto anche al Centro Franco Fortini di Siena e non ha mai smesso di partecipare attivamente alle riunioni del Comitato, raramente rinunciando a prendere la parola e dire la sua. Nonostante la fatica e il peso dei tanti momenti difficili. Viveva da anni in una casetta di Olbia, circondata dall’affetto di alcuni amici, mantenendo i contatti con il mondo e con le molte amicizie sparse per tutta Italia e all’estero attraverso il telefono e il computer. Alimentando così una rete di relazioni e corrispondenze che meno le faceva patire il suo isolamento, ma anche continuando caparbiamente a informarsi, leggere, scrivere, indignarsi, reagire e partecipare.

Negli ultimi anni abbiamo unito le nostre forze per riprendere e arricchire un libretto uscito all’indomani della scomparsa della moglie di Franco Fortini, Ruth Leiser. Ne è nato, in occasione del centenario della nascita, un secondo volume collettivo, autoprodotto, che lei ha voluto fortemente e deciso di intitolare semplicemente “RUTH” (è disponibile e scaricabile a questo link).

Mi resta oggi il rammarico di non averla frequentata di più, di persona, vincendo le resistenze del viaggio dal continente all’isola e i mille impegni che sempre si frapponevano.

A tutti noi ora resta, oltre al dispiacere, il compito di dedicarle occasioni e momenti che non siano vuoti o formali, ma schietti e sinceri com’era lei.

Uscendo di pianto in ragione.