L’internazionale di Fortini
Jean-Charles Vegliante

L’internationale
Sera le genre humain
(E. Pottier, 1871)

Questo è un testo al quale Fortini teneva molto, più volte ripreso e rimaneggiato,1 e oggi (a Parigi) di nuovo ritornante, sia pure fra i mucchi debordanti dai cassonetti buste e scatoloni improvvisati per via del legittimo sciopero dei servizi della nettezza urbana parigina. Non contrario al sacrosanto diritto di democratico, il vecchio Pierre Perret (88 anni) vi ha pure dedicato una canzoncina, Parigi devastata, che dice tra l’altro:

Qui felici sono i ratti,
ché i vegani niente matti
li cibano solo bio
tra le cacche e lo scolio.

In ben altri cortei, intendiamoci, si sente di nuovo anche l’inno dei lavoratori. E quei deputati che per protesta hanno intonato La marsigliese alla Camera, quando la capo del governo ha sfoderato il famigerato 49.3 per far passare la riforma delle pensioni senza voto, forse avrebbero potuto anche cantare L’internazionale con la stessa medesima musica (ché così era cantata all’inizio, contro la repressione feroce della Comune, fino a quando Pierre De Geyter non scrisse la melodia che conosciamo, nel 1888). E infatti, il ritmo è quello:

Allons enfants de la patri-ie / Le jour de gloire est arrivé…
Debout les damnés de la te-erre / Debout les forçats de la faim

Oppure, all’inverso, le parole della Marsigliese con la musica dell’Internazionale – a non intimorire nessuno? – ma forse non lo sapevano. E qui si verifica, ancora, la preminenza del metro-ritmo nelle più variegate forme di transposition (Jakobson).

Sono partito, per la mia traduzione, da alcuni suggerimenti pescati nella versione definitiva del testo di Eugène Pottier, del 1887. Per il resto, alternanza di versi di 8 e di 6 (ossia, nel sistema italiano, novenari e settenari, in maggioranza tronchi), il più vicino possibile al ritmo dell’originale secondo (di Fortini). Insomma, come sempre ho tentato di fare; per lo meno nelle traduzioni dei versi “regolari” italiani, a volte rispettando anche le rime (soprattutto nelle parodie), a volte no. Comunque vada il voto di sfiducia oggi, ecco mi vengono in mente due versi quasi contemporanei: «Compagni, se tutto non è finito…» (F. Fortini, Se sperando); e «sappilo che non finisce qui» (V. Sereni, Autostrada della Cisa).

Noi siamo gli ultimi del mondo.
Ma questo mondo non ci avrà.
Noi lo distruggeremo a fondo.
Spezzeremo la società.
Nelle fabbriche il capitale
come macchine ci usò.
Nelle scuole la morale
di chi comanda ci insegnò.

Questo pugno che sale
questo canto che va
è l’Internazionale
un’altra umanità.
Questa lotta che uguale
l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale.
Fu vinta e vincerà.

Noi siamo gli ultimi di un tempo
che nel suo male sparirà.
Qui l’avvenire è già presente
chi ha compagni non morirà.
Al profitto e al suo volere
tutto l’uomo si tradì,
ma la Comune avrà il potere.
Dov’era il no faremo il sì.

Questo pugno che sale…

E tra di noi divideremo
lavoro, amore, libertà.
E insieme ci riprenderemo
la parola e la verità.
Guarda in viso, tienili a memoria
chi ci uccise, chi mentì.
Compagno, porta la tua storia
alla certezza che ci unì.

Questo pugno che sale…

Noi non vogliam sperare niente.
il nostro sogno è la realtà.
Da continente a continente
questa terra ci basterà.
Classi e secoli ci han straziato
fra chi sfruttava e chi servì:
compagno, esci dal passato
verso il compagno che ne uscì.

Questo pugno che sale…

Nous que le monde a humiliés,
ce monde ne nous aura pas.
Nous briserons la société,
nous détruirons l’injuste loi.
Aux usines du capital,
nous étions comme des outils.
Dans les écoles la morale
n’était que celle des nantis.

Ce poing que nous levons,
ce chant qui se transmet,
c’est l’Internationale
d’une autre humanité.
Cette lutte l’égal
de l’autre nous fera
dans l’Internationale
qui nous rassemblera.

Il n’y aura plus de derniers
quand ce monde aura disparu.
Nous sommes tous dans la cordée
même si certains se sont tus.
Pour le pouvoir et le profit
entre eux les humains trahissaient,
mais en commun seront nos vies
si chacun croit en ce qu’il fait.

Ce poing que nous levons…

Entre nous deviendront communes
travail, amours et liberté.
Ensemble, toutes comme en une
seront parole et vérité.
Regarde bien et souviens-toi
de qui nous tuait, nous mentit.
Compagnon, mène ton histoire
à l’assurance qui unit.

Ce poing que nous levons…

Le vain espoir n’est que du vent.
Notre rêve est réalité.
De continent en continent
cette terre nous est donnée.
Classes et siècles nous usèrent
entre exploiteurs et exploités:
amis, quittons cette galère,
ensemble sortons du passé!

Ce poing que nous levons…

[trad. J.-Ch. Vegliante]

Note

1 Cfr. F. Fortini, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 2014, p. 827-828.