La funzione Fortini
Risposte al questionario II
Paolo Rabissi

1. Nell’ultimo trentennio si sono verificati mutamenti economici, politici e sociali di grossa rilevanza. Quali sono secondo te le trasformazioni decisive nella realtà contemporanea? Che effetto hanno sul tuo lavoro?

La fine dello Stato sovietico e del suo impero, generalmente vissuto come fine del comunismo, e l’entrata nel giro mondiale del mercato di paesi come Cina, India, paesi latini, fenomeno generalmente noto col nome di globalizzazione.

Se in termini politici generali ciò ha reso necessario far fronte in tutti i modi al tentativo di azzeramento della Storia, sul piano personale e della ricerca poetica ho sentito acutissimo il bisogno di recuperare a me stesso la memoria della mia infanzia e adolescenza.

2. Molte poesie degli ultimi decenni sono caratterizzate da una forte componente metapoetica e autoriflessiva. L’atto della scrittura viene rappresentato già all’interno del testo, e qui interrogato. Come valuti l’incidenza di questa componente all’interno della poesia contemporanea? Pensi che sia cambiata rispetto alla poesia di trenta anni fa? Che peso ha nella tua scrittura?

La componente metapoetica e autoriflessiva non appartiene alla nostra epoca più che ad altre. Nella mia scrittura è presente ma la cosa va oltremodo dosata, spesso è una via di fuga di chi non ha niente da dire o di chi, peggio ancora, indulge al proprio narcisismo.

3. «Il costituirsi di qualsiasi forma, linguistica o letteraria, comporta caratteri severi di sforzo e progetto […] In questo senso il valore di ogni forma è anche etico-politico, comportando organizzazione, volontà, ascesi, selezione» (Fortini, Sui confini della poesia). Nel passo citato il processo di formalizzazione della poesia sembra implicare per Fortini diverse istanze tutte compresenti: quella straniante che tende ad immettere una forte distanza critica tra soggetto lirico, oggetto poetico e sguardo del lettore; la mascherata conferma di un preciso assetto sociale ed economico; una modalità di recupero della tradizione che diventa, grazie alla specifica progettualità della poesia e alle scelte formalizzanti, flebile ma al tempo stesso tenace anticipazione di un futuro. Come entra in dialogo con queste riflessioni il tuo lavoro di poeta? Di quali significati investi le tue operazioni di formalizzazione?

La citazione per quanto mi riguarda è largamente condivisibile. Se la poesia col suo linguaggio è praticata come via o mezzo di conoscenza di sé e del mondo il suo valore è di fatto etico-politico e come tale, nella misura in cui, dentro quella pratica, si batte contro ciò che è ingannevole e interessato, è hic et nunc non-alienata, senza rinvii al futuro. In altre parole la poesia, come la ricerca scientifica, ti fa vedere ogni tanto che siamo anche capaci di meglio.

4. La traduzione «può essere aspirazione a ricevere da un’opera compiuta nel passato quel sussidio alla completezza che l’operare nel presente, per definizione, non ha» (Fortini, Prefazione al Faust). Ritieni valida l’idea di traduzione come tensione vitale nei confronti di una tradizione? Qual è il tuo rapporto con la traduzione e con la poesia contemporanea in lingua straniera?

Non capisco la prima domanda. Per quanto riguarda la seconda traduco poco e male, nella rivista che co-dirigo («Il Monte Analogo, rivista di poesia e ricerca») abbiamo una sezione dedicata interamente alla poesia straniera.

5. Mengaldo ha definito la “funzione Fortini” come «integrale politicità della poesia» (Divagazione in forma di lettera). La politicità della poesia consisterebbe sia nella scelta di rappresentare determinati contenuti politici e sociali, sia nell’uso non conciliante della forma. Riconosci una “funzione Fortini” nella poesia contemporanea? In che modo si rapporta al tuo lavoro?

Concordo con Velio Abati quando afferma che nella letteratura italiana è una funzione minoritaria. Fortini si inserisce in una tradizione dantesca e non petrarchesca che è quella da sempre maggioritaria in Italia.

Personalmente cerco di torcere il collo all’eloquenza e anche all’elegia, in generale comunque punto al dantismo non certo al petrarchismo.