
In passato leggere Lucrezio è stato difficile e pericoloso: sulla sua vita sorse una leggenda tramandata da Gerolamo (poi divenuto patrono dei traduttori); il Medioevo e Dante sembra che non lo conoscessero. La sua opera, riscoperta da Poggio Bracciolini nel 1417 e stampata nel 1473-74, anche se non fu mai messa all’Indice dei libri proibiti, rimase preclusa a chi non fosse un erudito latinista, dato che per secoli mancarono le traduzioni, come ci insegna Valentina Prosperi in Il fantasma di Lucrezio. La perduta traduzione del «De rerum natura» di Giovan Francesco Muscettola (Scuola Normale Superiore 2022). Si dovette attendere l’Illuminismo e l’affermarsi della scienza moderna perché la situazione cambiasse e si arrivasse alla prima traduzione italiana di Alessandro Marchetti, pubblicata postuma a Londra nel 1717 e messa subito all’Indice l’anno successivo, ma presente nella biblioteca di casa Leopardi. Anche Foscolo, autore di alcuni saggi lucreziani, si cimentò nella traduzione di alcuni passi: esemplare quello della giovenca e del vitellino perduto (da me proposto in confronto con l’originale in anni ormai lontani ad una classe di liceo scientifico…).
Oggi Lucrezio conosce un revival: nel 2017 per celebrare i 600 anni dalla riscoperta, si è tenuta a Bologna la mostra dal titolo ossimorico: Vedere l’invisibile: Lucrezio nell’arte contemporanea, il cui pregevole catalogo (Pendragon 2018), tra i vari contributi sulla scienza, l’arte e la poesia contemporanee, contiene alcune pagine (29-31) dedicate al lavoro di Milo de Angelis.
Nel maggio 2022 Milo de Angelis ha finalmente pubblicato il “suo” Lucrezio nella collana «Lo specchio» di Mondadori. Si potrebbero applicare a lui le parole di Italo Calvino: «Tradurre Lucrezio può essere inteso solo come la missione di una vita, una vocazione irresistibile». E infatti nell’Introduzione l’autore spiega la sua lunga fedeltà a Lucrezio, che risale agli anni del liceo, visto che gli dedicò la sua tesina di maturità, all’epoca in cui diciottenne incontrò Franco Fortini, grazie a Francesco Leonetti, suo docente di italiano al Liceo Berchet.
Alcune tappe di questo lungo percorso sono rappresentate dal numero lucreziano Atomi, nubi, guerre del 1978 della rivista «Niebo» e Sotto la scure silenziosa (SE 2005), saggi e frammenti di traduzione di brani lucreziani. Questo percorso dimostra la verità del verso di Milosz: «La poesia è la continuazione dei quaderni di scuola» e dell’affermazione proustiana: «L’adolescenza è il solo tempo in cui si si sia imparato qualcosa».
Milo de Angelis premette alla sua traduzione integrale, fornita di testo a fronte, una breve ma densa introduzione. Appena quindici pagine di sintesi magistrale della storia della fortuna di Lucrezio e del suo poema, perduto e ritrovato, e dei motivi del suo amore per il poeta latino.
Veniamo alla traduzione, ultima in ordine di tempo di tante altre susseguitesi nel Novecento e oltre. Aderenza all’originale, amore e rispetto del testo e resa in una lingua attuale, lontana dal traduttese, mi sembrano esser le caratteristiche per cui la raccomando al lettore. È appena il caso di ricordare che le traduzioni invecchiano, e che ogni generazione ha bisogno di tradurre nuovamente i classici, per riappropriarsene e farli suoi.
Provo ora a scegliere, tra i tanti possibili, alcuni esempi di come ha lavorato de Angelis, esaminandoli al microscopio della lingua.
Sei esempi (uno per ognuno dei libri)
1) Dimostrazione dell’esistenza di ciò che non è visibile (gli atomi)
Denique fluctifrago suspensae in litore vestes
uvescunt, eaedem dispansae in sole serescunt. (I, 304-6)
Non c’è nulla, eccettuati i corpi che possa toccare o essere toccato.
I vestiti distesi in riva al mare, dove si infrangono le onde,
diventano umidi, mentre al sole diventano secchi.
2) La giovenca e il vitellino perduto: la madre cerca ovunque il figlio, senza lasciarsi distrarre da nulla:
lei cerca l’unica creatura che conosce davvero, la sua!
3) La sete di vita
quae mala nos subigit vitai tanta cupido? (III, 1076-77)
Cosa è dunque questa disperata sete di vita che ci spinge
con tanta forza a tremare nel dubbio e nel pericolo?
4) Il dramma degli amanti
surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat (IV, 1133-34)
Invano. Dalla fonte stessa del piacere nasce un’oscura amarezza
che proprio lì, in mezzo ai fiori, prende gli amanti alla gola.
5) La preistoria del genere umano, ovvero gli uomini primitivi
nympharum, quibus e scibant umori fluentia
lubrica profluvie larga lavere umida saxa… (V, 947-49)
Nel loro vagabondare avevano scoperto e fissato nella mente
le grotte silvestri delle Ninfe e avevano scoperto che fluivano
da lì correnti d’acqua abbondante lavando le umide rocce…
6) Lodi di Atene, patria di Epicuro
dididerunt quondam praeclaro nomine Athenae
et recreaverunt vitam legesque rogarunt (VI, 1-3)
Atene, questa città dal nome glorioso, fu la prima. Regalò
i frutti e le messi agli infelici mortali, tanto tempo fa,
rinnovò la condizione umana, istituì il sistema giuridico.
parallelismo.
Conclusione
Obscura de re tam lucida pango: così si vanta Lucrezio (I, 933).
«e poi faccio splendere su un argomento oscuro versi luminosi».
Così è riuscito a fare anche Milo de Angelis.