Il lavoro editoriale
di Italo Calvino
Luca Baranelli

In una Nota autobiografica del 1960 Calvino scrive: «Dal ’45 e soprattutto da quando nel ’46 Pavese tornò a Torino, avevo preso a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi, per la quale cominciai a lavorare andando a vendere libri a rate e dove entrai come redattore nel ’47».1 In una lettera ad Antonio Giolitti del 1947 Pavese scrive che il «giovane Calvino» è entrato fra «i nostri».2 Infine, in una lettera del 26 novembre a Franco Venturi (addetto culturale presso l’Ambasciata d’Italia a Mosca) Calvino scrive che «della grande famiglia [Einaudi] sono venuto a far parte anch’io, con mansioni redazionali e pubblicitarie».3 Il 1947 è dunque per Calvino – che dopo le drammatiche esperienze della guerra e della Resistenza è ormai un giovane consapevole e maturo – un anno decisivo, che segna l’inizio di un rapporto con l’Einaudi nella duplice veste di redattore e di autore. In realtà il suo ingresso risale alla primavera, quando aveva iniziato un’attività redazionale riguardante soprattutto un «Bollettino di informazioni culturali», che annuncia, promuove e commenta le novità Einaudi, ma non si limita a questo: saranno in tutto 16 numeri, dal primo del 23 aprile ’47 all’ultimo del 23 marzo 1948. In ottobre esce Il sentiero dei nidi di ragno, fortemente voluto da Pavese. Il 6 novembre del ’47, infine (ma questo è un dato puramente biografico), Calvino si laurea a Torino col prof. Federico Olivero con una tesi su Joseph Conrad e il punteggio di 103 su 110.

Non so se l’idea del «Bollettino», diffuso a quanto pare anche nelle sezioni del Pci, fosse di Einaudi, di Pavese o di Calvino stesso. Ma in quei fascicoletti ciclostilati di poche pagine battute a macchina – la cui serie è stata in buona parte recuperata grazie alle ricerche d’archivio di Tommaso Munari – il giovane Calvino non si accontenta mai di semplici slogan pubblicitari da ufficio stampa. Nel n. 4 della primavera 1947, ad esempio, si legge una breve nota anonima su La linea d’ombra di Conrad, appena tradotto da Einaudi:

È uscito uno dei più bei romanzi di Conrad: La linea d’ombra. […] Il romanzo Vittoria è uscito in italiano presso l’editore Speroni e di Lord Jim l’editore Einaudi ci darà fra poco una traduzione curata da Italo Calvino, nella quale sarà interessante vedere come un significativo scrittore della nostra giovane generazione interpreta questo classico del secolo scorso.

Nello stesso fascicolo firma un pezzo su Hemingway e il cinema (e ne scrive a Vittorini). Nel n. 13 del 10 gennaio 1948, uno dei più ricchi dell’intera serie, sotto lo pseudonimo di Enea Traverso, descrive con dovizia d’informazioni la Vita segreta di una casa editrice: uffici, mansioni, collane, redattori. Oltre a Giulio Einaudi e al giovane tecnico Oreste Molina, presenta Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Felice Balbo, Paolo Serini. Verso la fine, in una sorta di scherzosa mise en abyme si legge:

Ultimo ufficio quello dei servizi di stampa, dove Italo Calvino emerge da un mare di ritagli dell’«Eco della stampa» e si dichiara preoccupatissimo perché deve trovare in giornata un “soffietto” per la “fascetta” di un libro che sta per uscire. I “soffietti” sono la sua ossessione, ci confessa: ogni volta che gli viene in mente l’idea di un romanzo, pensa per prima cosa al “soffietto” che potrebbe andar bene e l’idea gli sfugge.

Nel maggio 1948 Calvino lascia l’Einaudi e passa all’«Unità» di Torino per sostituire Raf Vallone come responsabile della pagina culturale. (Per inciso, penso che quest’esperienza giornalistica, in cui chiarezza, sintesi e rapidità erano requisiti essenziali, abbia giovato anche al suo mestiere editoriale.) Nel settembre 1949, tornato definitivamente in casa editrice, dove sarà assunto il 5 aprile 1950, comincia a occuparsi, fra le altre cose, della «Piccola biblioteca scientifico-letteraria», una collana economica su cui Einaudi punta molto: oltre a tenere i contatti con autori e traduttori e a svolgere le attività strettamente redazionali di revisione e messa a punto dei libri, scrive per la serie letteraria (di colore grigio) alcune decine di «schede bibliografiche» e di presentazioni anonime da lui definite «Note prefazionali». Sono testi che accompagnano una nuova traduzione dei drammi e delle commedie di Shakespeare; opere di Puškin, Dickens, Conrad, Kipling, Zola, Brecht; ma anche di autori ormai quasi dimenticati come Renata Viganò, Francesco Jovine, Silvio Micheli, la scrittrice russa Vera Panova.

Dopo il suicidio di Pavese – del quale Calvino curerà nel 1951 una raccolta di saggi incentrata sulla letteratura americana e nel ’52 il diario –, le sue mansioni e responsabilità redazionali aumentano moltissimo. Nella prima metà degli anni ’50 la mole di lavoro che egli svolge in redazione è sbalorditiva e rivela la fiducia incondizionata che Giulio Einaudi ripone in lui. Collabora strettamente con Elio Vittorini al varo e alla gestione dei «Gettoni»; scrive centinaia e centinaia, forse migliaia di lettere, ad autori e aspiranti tali, trovando sempre un argomento, una frase, una parola, un aggettivo per rallegrarsi, incoraggiare, correggere, indirizzare, rifiutare; dal 1952 al 1959 dirige il «notiziario Einaudi», che riprende in eleganti fascicoli a stampa la funzione del «Bollettino» degli anni Quaranta. Nel «notiziario» Calvino mette a frutto, accanto al suo talento redazionale, competenze e conoscenze acquisite nel lavoro giornalistico. «Sottoposto al febbrile ritmo della produzione industriale che governa e modella fin i nostri pensieri» (come scrive in una lettera del 1954 a Domenico Rea),4 prepara centinaia di paratesti caratterizzati da chiarezza, semplicità ed eleganza. Era questo un genere letterario in cui la sua capacità di fornire in poche righe la sintesi di una vicenda, un inquadramento storico-culturale e un orientamento critico poteva raggiungere risultati eccellenti, anche di stile. Negli anni Cinquanta e Sessanta, oltre a numerosissime schede bibliografiche, scrive – sempre in forma anonima ma quasi sempre riconoscibile – innumerevoli quarte di copertina e risvolti di sopraccoperta, spesso memorabili, per autori italiani e stranieri: Carlo Levi, Natalia Ginzburg, Primo Levi, Fenoglio, Lalla Romano, Rigoni Stern, Bassani, Cassola, Quarantotti Gambini, Ortese, Sciascia, Vittorini, Marcello Venturi; Duras, Queneau, Bellow, Malamud, Hemingway, Styron, Robbe-Grillet, Cortázar e tanti altri. Segue passo passo, corregge, incoraggia e presenta autori come Raffaello Brignetti, Luigi Davì, Lucio Mastronardi, Fortunato Seminara.

Certe volte il suo ruolo redazionale diventa para-autoriale, come nel caso della Storia della Resistenza italiana di Roberto Battaglia del 1953, per la quale è documentata un’intensa collaborazione. Anche per il Diario partigiano di Ada Gobetti del 1956 Calvino scriverà senza firmarla una Nota dell’editore.

A lui si può quasi certamente attribuire la redazione di un catalogo generale di piccolo formato – l’Elenco completo delle edizioni Einaudi. 1° gennaio 1952 – per il quale scrive la Presentazione del catalogo, i «cappelli» delle collane, nonché le brevi didascalie dei libri pubblicati nel 1950 e nel 1951. Nel 1955, per il Catalogo generale delle edizioni Einaudi dalla fondazione della Casa editrice al 1° gennaio 1956 (un elegante volume rilegato in tela), scriverà la presentazione di alcune collane («Narratori stranieri tradotti», «Coralli», «Supercoralli» e «Narratori contemporanei», «Pbs-l», «Italia mia») e gran parte delle didascalie che accompagnano ciascun libro.

Nel 1959-60 Calvino compie un viaggio di sei mesi negli Stati Uniti. In un Diario americano in forma di lettere alla casa editrice descrive dettagliatamente l’organigramma e il funzionamento di Random House. Pur non facendo scouting in senso stretto, segnala i tentativi di trovare uno scout non puramente commerciale; indica «i più importanti scrittori americani giovani»: fra questi, Philip Roth, Bernard Malamud, Grace Paley, James Purdy. Trova anche il tempo per dare il suo contributo al progetto di una nuova collana: Appunti per una collana di ricerca morale.

Conclusa nel 1959 l’esperienza dei «Gettoni», quello stesso anno, insieme con Vittorini, progetta, vara e dirige «il menabò di letteratura», per metà rivista di discussione letteraria, per metà sede di testi narrativi e poetici.

Nel corso degli anni Sessanta e Settanta il suo ruolo redazionale, ormai svincolato da obblighi aziendali rigidi, diventa più libero e autonomo. Senza mai sottrarsi ai casi di necessità e alle richieste di scrittori amici – nel gennaio 1964, mentre è in partenza per Cuba dove si sposerà con Esther Judith Singer detta Chichita, scrive il risvolto di sopraccoperta per Dietro la porta chiestogli con insistenza da Giorgio Bassani – Calvino può ormai scegliere autori e libri cui dedicare le sue cure: nel 1962 pubblica le Poesie di Pavese, nel 1966 cura con Lorenzo Mondo un’edizione delle sue Lettere. Negli anni Settanta, le sue introduzioni, prefazioni e bandelle saranno relativamente poche e quasi sempre firmate: Julio Cortázar, Silvina Ocampo, Felisberto Hernández, Fausto Melotti, Giulio Paolini, Federico Fellini, Renzo Rosso, Ovidio, Plinio il Vecchio, ecc.

Nella temperie politica e culturale del ’68 francese e italiano, Calvino progetta un’antologia dell’utopista Fourier. Legge, studia e sceglie accuratamente i testi, ne controlla e rivede la traduzione, scrive una lunga Introduzione dal titolo L’ordinatore dei desideri: il libro uscirà nel 1971 col titolo Teoria dei Quattro Movimenti. Il Nuovo Mondo Amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia. È a suo modo un contributo – forse troppo eccentrico e raffinato per quella stagione convulsa di scoperte e riproposte teoriche – alle discussioni sul rinnovamento della società innescate dal movimento del ’68.

Nel 1971 Calvino progetta, dirige e firma «Centopagine», una nuova collana Einaudi

di grandi narratori d’ogni tempo e d’ogni paese, presentati non nelle loro opere monumentali, non nei romanzi di vasto impianto, ma in testi che appartengono a un genere non meno illustre e nient’affatto minore: il “romanzo breve” o il “racconto lungo”. […] Come per ogni collana di classici del romanzo, l’Ottocento resterà una miniera inesauribile, un Ottocento (e un primo Novecento) rivisitato con i nostri occhi d’oggi nei capolavori consacrati come nelle prospettive che apre alle nostre esplorazioni. […] La prima infornata di volumi è di per sé rappresentativa di questa impostazione e del suo dosaggio interno: accanto a testi che già furono cavalli di battaglia della vecchia Universale Einaudi come La sonata a Kreutzer di Tolstoj e Le notti bianche di Dostoevskij, nuove traduzioni di classici del romanzo breve come Pierre e Jean di Maupassant e Daisy Miller di Henry James, un gioiello del romanticismo tedesco che è uno dei libri più ilari e freschi che siano mai stati scritti: la Storia di un fannullone di Eichendorff, e una riscoperta dell’Ottocento italiano, Fosca di Iginio Ugo Tarchetti.5

«Centopagine» pubblicherà gli ultimi due titoli nel 1985, l’anno della morte di Calvino. Sarà la sua impresa editoriale più duratura e personale: per molti dei 77 volumi pubblicati scriverà Note introduttive o quarte di copertina (Maupassant, James, De Amicis, Mark Twain, Balzac, Stevenson, Tolstoj, Leskov, Cechov, Stendhal, Flaubert, Sterne, Boine e molti altri).

All’inizio degli anni Ottanta, infine, Calvino si occupa di due libri di Raymond Queneau, scrittore enciclopedico francese a lui molto caro, del quale nel 1967 aveva tradotto in modo mirabile I fiori blu. Sceglie i testi e scrive l’Introduzione di Segni, cifre e lettere (1981), una raccolta di saggi su svariati argomenti; e soprattutto segue da vicino il lavoro del poeta Sergio Solmi – da lui scelto come traduttore della Piccola cosmogonia portatile – e l’arricchisce di una propria Piccola guida alla «Piccola cosmogonia» (1982).

Concludo come ho cominciato, con due citazioni d’autore, una del 1984, l’altra del 1980, che sintetizzano bene il senso del suo lavoro editoriale:

… in quel periodo dopo la Liberazione, che per me corrisponde a una seconda nascita, cominciai a fare qualche piccolo lavoro per la casa Einaudi, soprattutto testi pubblicitari, articoli da distribuire ai giornali di provincia per annunciare i libri che uscivano, schede di lettura di libri stranieri o manoscritti italiani. Fu allora che compresi che il mio ambiente di lavoro non poteva essere altro che nell’editoria, in una casa editrice d’avanguardia, tra gente di diverse opinioni politiche con discussioni molto accese, ma tutti molto amici tra loro. Mi dicevo: che io sia o non sia uno scrittore, avrò un lavoro che m’appassiona e starò insieme a gente che m’interessa. L’equilibrio che avevo cercato fino allora tra una professione pratica e la letteratura, lo trovai in un punto abbastanza vicino alla letteratura ma che non s’identificava con essa, come la casa Einaudi che pubblicava sì libri di letteratura ma soprattutto di storia, di politica, di economia, di scienza e mi dava l’impressione d’essere al centro di tante cose. […]

Così la mia vita per una quindicina d’anni fu quella d’un redattore di casa editrice, e in tutto questo periodo ho dedicato molto più tempo ai libri degli altri che ai libri miei. Ero insomma riuscito a mettere ancora uno schermo tra me e la mia vocazione di scrittore, per quanto apparentemente mi trovassi nella situazione più favorevole.6

Lavorando in una casa editrice, ho dedicato più tempo ai libri degli altri che ai miei. Non lo rimpiango: tutto ciò che serve all’insieme d’una convivenza civile è energia ben spesa.7

Note

1 I. Calvino, Nota autobiografica, in E.F. Accrocca (a cura di), Ritratti su misura di scrittori italiani, Venezia, Sodalizio del Libro, 1960.

2 C. Pavese, lettera a A. Giolitti del 17 ottobre 1947, in Id., Lettere, II, 1926-1950, a cura di L. Mondo e I. Calvino, Torino, Einaudi, 1968.

3 I. Calvino, lettera a F. Venturi del 26 novembre 1947, in Id., Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano, Mondadori, 2000.

4 I. Calvino, lettera a D. Rea del 15 marzo 1954, in Id., Lettere 1940-1985, cit.

5 I. Calvino, Una nuova collana: i «Centopagine» Einaudi [1971], quartino di presentazione della collana, ora in Id., Mondo scritto e mondo non scritto, a cura di M. Barenghi, Milano, Mondadori, 2002, p. 152.

6 I. Calvino, Testimonianza per Felice Froio, in Id., Dietro il successo. Ricordi e testimonianze di alcuni protagonisti del nostro tempo. Quale segreto dietro il loro successo?, Milano, SugarCo, 1984.

7 I. Calvino, Nota autobiografica, per «Gran Bazaar», 1980.