
Il risultato complessivo parla da solo. I laburisti di Corbyn non hanno realizzato il rovesciamento completo della situazione precedente, ritenuto impossibile da tutti, anche dai commentatori seri, ma ci sono andati molto vicino. Più vicino di quanto io non sperassi. Se si guardano i dettagli (i laburisti hanno perso Glasgow East per venti voti – e non è il solo caso) ci si può persino scoprire a pensare che c’è mancato poco. I vecchi, anche non tifosi di calcio, come me, ricordano i “quasi goal” delle radiocronache di Carosio – per l’Italia s’intende.
In effetti non c’è mancato poco. C’è il 2% di voti complessivi di differenza. Se Corbyn e i suoi avranno testa ed entusiasmo, se i giovani manterranno il loro impegno, questo è l’inizio di un percorso, che avrà bisogno di precisione sui problemi, di successi locali, di capacità politica interna ed estera, di rapporti stretti con gli elettori. Ma la nave è partita. Un Manifesto chiaro, che prevede la rinazionalizzazione delle ferrovie (la cui assurda privatizzazione è stato uno dei disastri, sociali ed economici, dei conservatori), la difesa e la ripresa dello Stato Sociale e del Sistema Sanitario Nazionale, il salario minimo, l’aumento delle tasse dei ricchi, è stato approvato dal secondo maggior gruppo di elettori, soprattutto dai giovani. Non è il paese dei balocchi, come scrivono oggi alcuni commentatori italiani, e neanche il Socialismo con la maiuscola. È solo laburismo senza aggettivi. Le hanno inventate loro quelle cose lì, quando da noi si diceva che non potevano funzionare.
Per aggiungere qualche dettaglio faccio riferimento alla mappa interattiva del «New York Times», di cui allego il link, che è la più flessibile che ho trovato, e include due grafici che illustrano aspetti importanti, che sono stati ricordati da molti sui giornali.
Il primo è il mutamento della struttura del voto. Dopo mezzo secolo di riduzione del peso dei due partiti maggiori, che nel 2010 erano ridotti a meno dei due terzi del voto complessivo, mentre nel ‘51 – vittoria laburista di misura – avevano raggiunto un incredibile 96,7%, il peso dei partiti minori si è ridotto al 17%. Non c’è un merito particolare nel bipartitismo, soprattutto se è forzato con un sistema elettorale pessimo, che premia la minoranza maggiore e consente solo partiti minori locali, come Plaid Cymru o gli Unionisti e lo Sinn Fein. Ma i partiti spariti questa volta sono quelli d’occasione, senza idee generali, di pura protesta o monotematici, come Ukip, che invece vanno forte da noi. Forse, allora, è possibile sconfiggerli, se si affrontano i problemi veramente importanti, come ha fatto il Manifesto.
Il secondo è la partecipazione e il voto laburista dei giovani, ben illustrata nel grafico apposito.
Le altre osservazioni derivano dalla mappa complessiva e si possono arricchire a volontà scorrendo la mappa con la freccetta.
Tutti vedono che il paese, nel suo complesso, è un oceano azzurro con qualche isoletta rossa e varie aree di colori diversi, locali. Se si va a vedere, le isolette rosse sono le aree urbane già industriali. Quelle azzurre sono campagne e paesi, con molta terra e poca gente. Se per caso uno ricorda i nomi di luogo citati da E.P. Thompson in The Making of the English Working Class, ne ritrova molti nelle macchiette rosse, oltre a trovarci quasi tutta Glasgow, Manchester, Birmingham, gran parte di Londra, Cambridge, come sempre. Oxford invece, come sempre, ha votato conservatore. L’Inghilterra della cultura, per fortuna, è divisa. In sostanza, i laburisti, tornati laburisti, si sono ripreso il loro elettorato, ma con le generazioni cambiate, come è giusto. Chissà se da noi anche un vecchio riuscirà a vedere i partiti del movimento operaio, quale che ne sia il nome, con un vero e credibile programma socialista, riprendere il loro elettorato, con le generazioni cambiate; e la fine dello scandalo della città più operaia d’Italia governata dai Cinque Stelle.