Davide Dalmas,
La protesta di Fortini
Daniele Balicco

Davide Dalmas, La protesta di Fortini, prefazione di G. Barberi Squarotti, Aosta, Stylos, 2006.

Testimoniare contro qualcosa in favore di altro: protestari. Questa è, secondo Davide Dalmas, la movenza prima ed irriducibile del lavoro intellettuale di Franco Fortini. Se si seguono i percorsi eterogenei di questo volume che abilmente si scompone in ricostruzione storiche, analisi linguistiche ed interpretazioni estetiche, diventa chiaro che la protesta non è mai, in Fortini, aggressione minoritaria delle ragioni del più forte; né, tanto meno, autocompiacimento settario in un’estetica e in una politica del ressentiment. La protesta, nel suo significato latino cristiano originario, è sempre doppio movimento di rifiuto e di proposta, di scardinamento delle ragioni del più forte e di elaborazione, e difesa, di «altre ragioni». Ma vediamo come è costruito questo saggio. Il libro è diviso in quattro capitoli. Il primo («La protesta») definisce rapidamente il centro teorico del volume: espone il significato del termine protesta, riconducendolo alle sue origini cristiane e protestanti. Dalmas, in queste prime pagine, è come se montasse le lenti teoriche con le quali direzionerà il suo documentato sguardo genealogico. Il secondo capitolo («”Volevo essere cristiano”: l’incontro con i protestanti») ha, invece, un taglio decisamente storico/culturale e ricostruisce il rapporto intellettuale fra il giovane Fortini e la comunità valdese fiorentina degli anni della conversione e quella elvetica degli anni dell’esilio. Alcuni documenti di quest’ultimo periodo vengono per altro pubblicati per la prima volta in appendice al volume. Il terzo capitolo («Esprimere la protesta») studia come operativamente la tradizione del protestari agisca sulle forme dell’espressività fortiniana quasi come un apriori: sulla poesia nella sua torsione profetica, sulla forma saggio come lavoro critico “protestante” per antonomasia, e, infine, sulla scrittura romanzesca. L’ultimo capitolo («La lingua biblica della protesta: tempi e modi della lettura della bibbia») ripercorre di nuovo l’intera produzione poetica, saggistica e perfino giornalistica di Fortini – con una particolare attenzione agli scritti sul «Politecnico» e sull’«Avanti!» -, questa volta però con uno sguardo finemente orientato alla ricostruzione delle forme e dei modi fortiniani di lettura del testo biblico attraverso un’analisi intertestuale e precisamente linguistica. Notevole, in questa ultima sezione, l’analisi di Asia Maggiore e del comunismo cinese come “pietra di intoppo”, metafora che la tradizione biblica consegna a Fortini come momento di un irriducibile altro, che costringe a ritornare sulle proprie posizioni, ad approfondirle da un punto di vista spiazzante, che li ricolloca costringendo alla trasformazione. Con uno sguardo da genealogista e con una scrittura elegante e quasi ottocentesca, Davide Dalmas ha il merito di aver ricondotto le oblique strategie espressive di Fortini al loro primo ed elementare movimento coattivo.