Apparati Effimeri
Un caso italiano di Mapping 3D
Stefania Reccia, Giuditta Turra

Il mapping 3D è una tecnica digitale di elaborazione in tre dimensioni applicata all’architettura. Il filone di ricerca più interessate di visual mapping 3D ha per oggetto gli edifici: le architetture diventano sia schermi attivi per le proiezioni video che i soggetti delle stesse.

Tale tecnica proiettiva è apparsa nel 2005 nell’ambito di ricerca dei visual designer, dei festival di musica sperimentale ed elettronica. Questo fenomeno artistico è presente a tutt’oggi solamente nel panorama europeo e anche qui si contano pochi esempi di rilievo.

Dal 2006 ad oggi si è diffuso principalmente in Francia: a Digione è presente alla Fête de Noel nel 2005, a Lille nel 2009 a la Nuits Sonore e Le Paysage Electronique. Nel 2008 in Germania in occasione di una apertura notturna del Museo di Arte Contemporanea di Amburgo il gruppo tedesco Urbanscreen proietta in 3D sulla facciata dell’edificio di Ungers e a Bruxelles a Le Nuits Blanches i francesi AntiVj sono presenti con le loro suggestive installazioni.

A Bologna, da poco più di un anno esiste un collettivo di video artisti, Apparati Effimeri, che ha scelto di indirizzare la sua tensione creativa allo studio interpretativo dei luoghi, realizzando proiezioni in 3D su architetture, edifici e spazi urbani.

Apparati Effimeri è composto da Roberto Fazio e Marco Grassivaro veneti, Federico Bigi, toscano. Marco e Federico si sono formati al Dams di Bologna e si interessano di video e nuovi media, Roberto lavora come light designer ed è aggiornato sulle più innovative tecniche e ricerche di visual design, in particolare conosce e apprezza il panorama francese che frequenta. Il lavoro del collettivo bolognese che crea “apparati effimeri” di luce, nasce dall’esigenza di attualizzare un medium/modus di intendere la festa e lo spazio urbano proveniente dal passato. La scelta del nome palesa la posizione estetica e concettuale che gli artisti hanno verso la tradizione degli apparati effimeri.

Gli apparati effimeri, infatti, sono stati un elemento chiave nella storia culturale dell’uomo. Lo scopo degli artisti di suscitare la “meraviglia” attraversa in particolar modo, tutta l’esperienza dell’arte Seicentesca. La festa, per il suo carattere effimero, era luogo privilegiato in cui questa tendenza aveva modo di esprimersi. Lo spazio urbano, già ricco di scenografiche architetture, veniva totalmente teatralizzato. Movimenti, suoni, luci e immagini realizzate appositamente da grandi artisti modificavano per qualche giorno le strade cittadine, creando un gioco di inganni e disinganni. Era il momento in cui la città esibiva se stessa attraverso maschere di cartapesta, apparati posticci, archi di trionfo, alberi della cuccagna, fuochi d’artificio, e decorazioni effimere applicate a palazzi e chiese.

La tecnica del mapping è interpretata dal collettivo come un nuovo e potente mezzo, in grado di creare un forte coinvolgimento emotivo.

Non è un caso se nel 1995, una tra la maggiori studiose di video arte italiana, Valentina Valentini, in occasione di Taormina Arte, storica rassegna di video arte, dell’installazione video diceva:

l’installazione video, […] si declina come sviluppo non lineare della scultura moderna nella sua ambizione di conquistare il movimento e lo spazio, investendolo con immagini e suoni, liberandosi dai supporti e dagli oggetti e inventando un nuovo modo di rapportarsi con lo spazio.1

Le installazioni in tre dimensioni di Apparati Effimeri hanno conquistato lo spazio, il movimento, il suono, hanno ampliato la gamma dei supporti fino a raggiungere l’architettura; il video è stato quindi spinto dalla sua ambizione a scavalcare limiti e definizioni. Lavorare con il video, sostiene l’artista Gary Hill,2 è infatti, «il risultato di un dialogo con le proprietà del mezzo utilizzato».3

L’estetica elettronica inoltre, fin dai suoi esordi, manifesta un’accentuata tendenza ad incorporare i generi nobili della tradizione artistica e spettacolare, basti pensare ai lavori di Bill Viola4 o Peter Greenaway.5

Il collettivo Apparati Effimeri riflette sull’estetica cinque-seicentesca della teatralità e della festa, riproducendo il semplice gesto simbolico di “portare il proiettore fuori”, nello spazio pubblico. In questo modo comunicano con la città, appropriandosene momentaneamente:

basta un innesto, un contrappunto, uno sberleffo, un cubo di cartone per attivare nuove interpretazioni, nuovi spazi di relazione.6

Boeri7 parla in questi termini riflettendo sul tema dell’etica del progetto in relazione agli interventi di gruppi di artisti-progettisti sulle architetture costruite, e riconoscendo quindi il gesto, l’azione, l’innesto come segno di rivitalizzazione dell’architettura esistente.

Nel 2008 il gruppo Apparati Effimeri partecipa a Stradebluarte, un progetto di Chiara Pilati per la provincia di Bologna. Il lavoro sul Teatro Testoni di Casalecchio di Reno segna il loro approdo nel sistema dell’arte più allargato. Nell’estate del 2009 i video artisti sono chiamati a lavorare alla Chiesa di San Servolo, (Isola di San Servolo, Venezia) per Exhibit, International Exhibition of Digital Art . Nello stesso periodo sono presenti a Itinerario Festival a Cesena e al Festival Internazionale del Teatro in Piazza a San’Arcangelo di Romagna, dove intervengono rispettivamente sulla Rocca Malatestiana e sull’Arco di Trionfo.

Apparati Effimeri ha registrato le forme architettoniche della Rocca Malatestiana, ne ha elaborato i contenuti attraverso l’utilizzo di software 3D e li ha proiettati sulla facciata della Rocca, sincronizzando audio e video.

Il lavoro si relaziona, quindi, alla storia del monumento e alla sua funzione di difesa della città. Gli elementi di rottura con l’uniformità della superficie, le decorazioni e le finestre della Rocca sono stati utilizzati, infatti, quali elementi generatori di forme e corpuscoli che hanno invaso l’intera superficie.

Per 30 minuti i presenti hanno assistito ad uno spettacolo insolito e mai visto: le forme architettoniche hanno cominciato a muoversi e a vivere di vita propria. La Rocca ha cambiato veste assumendo prima uno stato liquido e poi roccioso; i mattoni, particelle elementari dell’edificio, hanno cominciato a distruggersi e a ricostruirsi.

Per i tre artisti lavorare con l’identità storica significa alleggerire sia il peso strutturale dell’edificio che il peso dei secoli. Il lavoro di Apparati Effimeri è teso a creare un rapporto con l’antico attraverso le tecnologie contemporanee. Le installazioni coinvolgono gli edifici, cambiano la percezione che abbiamo di loro e inducono riflessioni sulle relazioni tra lo spazio urbano e lo spettatore.

Nel novembre 2009 Apparati Effimeri sono chiamati a partecipare al Glow Festival di Eindhoven realizzando un Architectural Visual Mapping sul NRE Building. In questa occasione, gli artisti si trovano ad essere i soli a rappresentare il nostro paese in quest’importante rassegna internazionale, che dal 2006 unisce i maggiori light designers.

In questo caso il collettivo si confronta con un edificio contemporaneo. Il lavoro degli artisti vuole contribuire alla rivalutazione e alla conoscenza di ciò che manipolano, più che alla sua “glorificazione” monumentale. In questo senso la loro opera si configura come arte pubblica.

Urban Reflex, titolo della perfomance, riflette sul movimento di una città in costante crescita, usando il display dell’edificio e quello dello specchio d’acqua ai piedi dell’architettura. Stimolati dai cantieri di una “città che sale”, Apparati Effimeri aumenta il ritmo dell’opera, creando rotture e interruzioni visive e giocando con la presenza dell’acqua, elemento legato al carattere identitario degli olandesi.

Le opere diventano dunque materia d’arte pubblica, gli artisti creano opere “inclusive”, ibridando diverse discipline (cinema, video, scenografia, light design, street-graphic art) e propongono un nuovo modo di interpretare e di vivere lo spazio urbano.

Note

1 V. Valentini, Le piccole storie del video, p. 8, in Id., (a cura di), Video D’autore 1986-1995, Roma, Gangemi editore, 1995.

2 Gary Hill, è uno tra i pionieri della videoarte e delle installazioni elettroniche; sul suo lavoro si veda P.-E. Odin, L’absence de livre Gary Hill et Maurice Blanchot. Écriture, vidéo, Dijon, Les presses du réel, 2007.

3 In occasione della sua partecipazione a New American Filmmakers Series 30 per il Whitney Museum, nel 1984.

4 Per la figura di Bill Viola nella video arte si veda C. Townsend (a cura di), L’arte di Bill Viola, Milano, Bruno Mondadori, 2005.

5 Sul cinema e il video di Greenway si veda D. De Gaetano, Peter Greenaway: film, video, installazioni, Torino, Lindau, 2008.

6 S. Boeri, Tre posti caldi, A12, Cliostraat, Stalker: tre gruppi di giovani progettisti italiani e ricercatori italiani, attivi da qualche anno sul territorio urbano si confrontano con il grande e attuale tema dell’etica progettuale, in «Abitare», giungo 2000, p. 150.

7 Stefano Boeri (Milano 1956), architetto, insegna progettazione urbana a Venezia e Mendrisio e al Berlage Institute di Rotterdam. Scrive abitualmente sulle pagine culturali del Sole 24 Ore. Ha uno studio professionale a Milano, «Boeri Studio», con Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra. È fondatore di «Multiplicity», agenzia di ricerca sulla condizione urbana, con la quale ha promosso ricerche e installazioni, la più recente a Documenta 11, Kassel; dal 2006 è il direttore di «Abitare». È coautore, tra gli altri, di Mutations, Barcelona, Actar, 2000; Multiplicity. USE-Uncertain states of Europe, Milano, Skira, 2002; G.Basilico, S.Boeri, Italy: Cross Sections of a Country, Zurich, Scalo, 1998.

8 Performance annullata a causa mal tempo.