Al compagno Giuliano Scabia
Oggi anche il cielo lacrimava piano
E l’altra notte affacciata alle stelle
La voce nell’aria chiamava Giuliano
Sussurrando alle lontane sorelle
Il nome di un compagno di parola
Che apparve una sera in via Biancamano
Mentre Fortini con un nodo in gola
Veniva verso noi col piatto in mano
A dirci ch’era già morto alla scuola
Del duro penso e del sentire invano
In mezzo alla schiera che scrive e risuona
Tra Bobbio e Cerati e Lalla Romano
E da quella festa del Novantatré
Per i bei sessant’anni dell’Einaudi
Quando l’angelo bianco venne da te
Dolce e cortese d’affetto e di laudi
Mai più un amico e un artista più puro
Volò sulla tua vita col suo gaudio
Generoso di cuore e di futuro
E d’ogni incontro di visione e d’audio
Di lettere d’oro e di libretti astrali
Lunghe telefonate calde e ariose
Di canti brevi e ardenti fabulari
Sopra il grande mistero delle cose
Eterno ragazzo dell’avventura
Che innanzi alla gran stele di Mattiacci
Si mise a far suonare la scultura
Mani alla lastra e l’orecchio dei matti
Per quell’Ordine Cosmico riflesso
Fiore tagliato della Rivoluzione
Per l’individuo singolare stesso
Nella più sociale Immaginazione
Di compresenza dei vivi e dei morti
Quando tutti incontreremo l’Ignoto
Sperando di ritrovare i risorti
Amici del gentile ed arso gioco
Svolato come un canto all’altro mondo
Genio plebeo d’Orfeo e del teatro
Nel capogiro d’esserci profondo
Musico laico e sacro del creato
Come il grande Giuliano tanto amato
Angelo andato nella notte in fondo…
[22 maggio 2021, Gianni D’Elia]