Per Federico Pacciani
Luca Lenzini

Federico Pacciani, scomparso nel giorno delle elezioni amministrative che lo vedevano candidato consigliere a Siena, la sua città, si era laureato in Scienze politiche e in Lettere moderne nella nostra università. Quando lo conobbi, in occasione di un esame di Letteratura italiana contemporanea, era già attivamente impegnato sul tema dei diritti ma non lo sapevo, né sapevo che scrivesse poesie. Il corso a cui era iscritto si era tenuto infatti ancora nell’era del Covid e non lo avevo incontrato prima del colloquio. Mi colpì in quell’occasione il modo in cui, nonostante le difficoltà ed i disagi legati all’infermità che ne condizionavano la vita di tutti i giorni, manifestava il suo interesse per la poesia, la vivacità della sua intelligenza – un’intelligenza cordiale, come cordiale e diretto era Federico nel rivolgersi al proprio interlocutore. Quando poi, a distanza di mesi, mi chiese se volevo scrivere una prefazione ad una sua raccolta di versi intitolata Nostalgia al futuro, lo feci molto volentieri e non solo per il ricordo del nostro incontro, ma perché le poesie che mi fece leggere si proponevano autonomamente per la loro forza singolare, decisa e intrepidamente tesa al dialogo. Alla maturità che già avevo intravisto i versi aggiungevano la dote di una fantasia prensile, capace di dire l’esperienza del mondo circostante in immagini pregnanti, a volte surreali o riecheggianti miti antichi, allo stesso tempo testimoniando un confronto serrato con gli aspetti più duri della realtà. Così per esempio in Barbari: «Gommoni fluttuanti sull’onda ardente / Alla deriva nel nostro Occidente / Traducono singole storie tese / Dozzine migliaia milioni al mese / Numeri umani cibo da tastiera / Strillati da mattina a tarda sera / Emergenza ancor più sommergente / Non riuscire più a credere a niente.» Il presente che ci mette davanti Nostalgia al futuro è insomma senza sconti ed è il nostro, crudele nella sua scintillante veste di aggiornatissima tecnologia (il lessico dei versi ne ritiene molteplici scaglie); ma proprio per questo la lezione di fraternità e umanità che può nascere dall’incontro con una «cagnetta sveglia» (Incontro) si fa avvertire più pienamente, sa aprire varchi nel negativo indicando le possibili «sorprese» di una «nuovissima intesa». La raccolta conta cinquanta poesie appena, ma a lettura conclusa l’impressione è di aver attraversato non il “piccolo mondo” di tanti eterni adolescenti, bensì un territorio aspro e persino violento, dove dettano legge «rubli rossi copechi sovranisti / Fiumi di dollaro verde petrolio» (Crisi) e dove la preghiera diventa invettiva, sacrosanta protesta: «Dacci oggi la nostra shitstorm quotidiana […] Onora Facebook Amazon e Google / Ma dona a noi il diritto all’oblio». Un verso di Il coraggio e la paura recita «la memoria non dà scampo». A rileggerlo oggi, con emozione, ci ricordiamo non soltanto la forza e l’umiltà con cui Federico ha affrontato la sua vita, ma anche che non ha mai scordato la promessa di un futuro diverso.