Penso che al termine di questi cambiamenti possiamo affermare soltanto che la poesia abbia perso ogni tipo di prestigio. In pratica, non è più necessaria che essa sia o dica qualcosa di serio a qualcuno. L’importanza è che essa ‘esista’, come parte di uno scalcinato e più ampio sistema culturale.
2. Molte poesie degli ultimi decenni sono caratterizzate da una forte componente metapoetica e autoriflessiva. L’atto della scrittura viene rappresentato già all’interno del testo, e qui interrogato. Come valuti l’incidenza di questa componente all’interno della poesia contemporanea? Pensi che sia cambiata rispetto alla poesia di trenta anni fa? Che peso ha nella tua scrittura?
Nella mia scrittura ha poco peso, anche se ogni tanto finisco anch’io col domandarmi quale sia lo scopo che guida ad aprire un testo. Per il resto, la componente metapoetica è diventata, col passare del tempo, una moda. E come tutte le mode, si è fatta dilagante e fastidiosa.
3. «Il costituirsi di qualsiasi forma, linguistica o letteraria, comporta caratteri severi di sforzo e progetto […] In questo senso il valore di ogni forma è anche etico-politico, comportando organizzazione, volontà, ascesi, selezione» (Fortini, Sui confini della poesia). Nel passo citato il processo di formalizzazione della poesia sembra implicare per Fortini diverse istanze tutte compresenti: quella straniante che tende ad immettere una forte distanza critica tra soggetto lirico, oggetto poetico e sguardo del lettore; la mascherata conferma di un preciso assetto sociale ed economico; una modalità di recupero della tradizione che diventa, grazie alla specifica progettualità della poesia e alle scelte formalizzanti, flebile ma al tempo stesso tenace anticipazione di un futuro. Come entra in dialogo con queste riflessioni il tuo lavoro di poeta? Di quali significati investi le tue operazioni di formalizzazione?
Ho cercato di tenere attive o di attivare tutte queste variabili sin dall’inizio del mio lavoro. I significati per me hanno una straordinaria importanza perché è solo grazie a essi che si lega la nostra presenza vitale al nostro tempo. Naturalmente è dalla novità di una forma nuova che essi devono emergere. Fortini era un Maestro nel leggere il proprio tempo, e non mi stupisce leggere delle sue affermazioni così circostanziate e analitiche.
4. La traduzione «può essere aspirazione a ricevere da un’opera compiuta nel passato quel sussidio alla completezza che l’operare nel presente, per definizione, non ha» (Fortini, Prefazione al Faust). Ritieni valida l’idea di traduzione come tensione vitale nei confronti di una tradizione? Qual è il tuo rapporto con la traduzione e con la poesia contemporanea in lingua straniera?
Ho un buon rapporto con la traduzione e in generale con le letterature straniere. Il discorso che affronta Fortini è assolutamente condivisibile. Anche in merito al peso della tradizione in generale. Aggiungerei, inoltre, che ritenere un’opera letteraria tradotta come un tassello per illuminare e completare una visione del presente (di un’altra nazione e in un altro contesto socio-culturale) è davvero un’intuizione geniale.
5. Mengaldo ha definito la “funzione Fortini” come «integrale politicità della poesia» (Divagazione in forma di lettera). La politicità della poesia consisterebbe sia nella scelta di rappresentare determinati contenuti politici e sociali, sia nell’uso non conciliante della forma. Riconosci una “funzione Fortini” nella poesia contemporanea? In che modo si rapporta al tuo lavoro?
Non penso di essere in grado di dare una panoramica così a vasto raggio. So che cisono dei gruppi e dei poeti per i quali il discorso di Fortini sulla eticità della poesia è valido e produce risultati interessanti. Ma sono gruppi per lo più post-avanguardisitici. In altri ambiti della nostra letteratura patria, la poesia e tutto ciò che le gira intorno ha perduto ogni forma di eticità. Purtroppo.