Giovanni Maccari,
Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto
Giuseppina Larocca

Giovanni Maccari (a cura di), Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto, Macerata, Quodlibet, 2022.

Ci ha colpito una tristissima notizia: Gogol’ è morto a Mosca […] Per noi era qualcosa di più di un semplice scrittore: ci ha fatto scoprire noi stessi. […] Bisogna essere russi per capire di chi siamo stati privati.1

Così scriveva Ivan Turgenev a Pauline Viardot il 21 febbraio 1852, dando voce a quel lutto nazionale che avrebbe segnato la vita e le opere di molti scrittori russi dell’Ottocento e oltre. Turgenev del resto – come Dostoevskij, Gončarov e altri – doveva molto alla maestria gogoliana da cui aveva ereditato il “piccolo uomo”, anticipato in qualche modo dall’Onegin di Puškin e trasformatosi nel più maturo “uomo superfluo” (lišnij čelovek) di cui furono rappresentanti, oltre al noto Čulkaturin, i vari Bazarov, Rudin e Lavreckij.

Nikolaj Gogol’ è stato nei secoli uno dei classici più discussi e studiati della letteratura russa. Nel primo Novecento scrittori e critici reinterpretano la sua opera: dalle riletture simboliste ai saggi di critica letteraria del “metodo formale”, passando per il cosiddetto circolo di Bachtin fino alla folta schiera di studiosi che ne indaga la lingua, lo stile, la costruzione dei racconti, l’evoluzione dei personaggi nel faticoso tentativo di collocarlo nella storia letteraria russa ed europea, anche se «come sempre con Gogol’ chiusa una falla, se ne apre un’altra».2

A 170 anni dalla morte dell’autore di Le anime morte Quodlibet dedica a Gogol’ un omaggio che si distingue dalle molteplici biografie sullo scrittore e dalle traduzioni e ritraduzioni della sua prolifica opera. Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto (a cura di Giovanni Maccari) riprende già nel titolo la tradizione critico-letteraria russo-sovietica che è sempre stata solita produrre volumi dedicati ai classici v vospominanijach sovremennikov, nei ricordi dei contemporanei appunto, quel tentativo di rievocare scrittori e pensatori attraverso le testimonianze di chi li ha incontrati, di chi ha condiviso con loro parti di biografia e percorsi artistico-letterari. Nel caso di Gogol’ l’idea di osservare «da fuori» lo scrittore, come annuncia Maccari nella sua ricca introduzione (p. 20), prende forma attraverso un’operazione assolutamente riuscita. Il curatore, appassionato di letteratura russa, studioso di Tommaso Landolfi che a sua volta dedicò a Gogol’ molte ricerche e contributi, esplicita nella sua introduzione i criteri di selezione:

Per i testi raccolti in questo libro si sono tenute presenti soprattutto due opere allestite nel Novecento, in epoca sovietica: Vikentij Vikent’evič Veresaev, Gogol’ v žizni [Gogol’ nella vita], Moskva 2017 (ma 1933); e il volume Gogol’ v vospominanijach sovremennikov [Gogol’ nei ricordi dei contemporanei], a cura di Semën Iosipovič Mašinskij, Moskva, 1952. […] il criterio principale è stato includere scritti che trattassero la vita materiale più che l’opera letteraria di Gogol’, ampiamente indagata in una vastissima bibliografia (pp. 71, 72).

I bozzetti di questa antologia riproducono a loro modo delle maschere più o meno conosciute attraverso cui Gogol’ si è mostrato ai suoi contemporanei. Il Gogol’ eccentrico, «insocievole», «misterioso», fobico, ma anche il Gogol’ «divertito», «buono», «soddisfatto», istrionico fanno raccogliere idealmente intorno a un tavolo alcuni di coloro che lo hanno incontrato e che, attraverso queste memorie, restituiscono al lettore una lunga serie di diverse impressioni, organizzate dal curatore secondo una linea sostanzialmente cronologica: dal tentativo fallito di diventare attore, descritto nel 1861 dal drammaturgo Nikolaj Mundt, fino alla morte rievocata in Gogol’ è morto! (1869) di Turgenev, sebbene l’ordine temporale, come dichiara lo stesso Maccari, subisca inevitabilmente alcuni piccoli slittamenti, perché in più di un’occasione episodi e aneddoti si sovrappongono (p. 72).

Utili e accurate sono le brevi introduzioni ai testi che, sulla scorta della citata edizione Gogol’ nei ricordi dei contemporanei di Mašinskij, contestualizzano gli autori e i contenuti proposti. In realtà, quanto emerge da questi schizzi non è soltanto il ritratto di un Gogol’, per alcuni versi “quotidiano”, né un insieme di sterili dati biografici, ma «la vita personale nella storia», come avrebbe detto Grigorij Vinokur, quella fervida attività che esprime il proprio carattere sociale in «quel contesto, quell’intero dinamico in cui […] si innesta la vita personale».3

Non è soltanto la “vita materiale” di Gogol’ a essere ripercorsa, non sono solo le sue peregrinazioni per la provincia russa o per l’Europa o i tratti bislacchi della sua personalità a spiccare, quella «sua selvatichezza, inaccessibilità, riserbo», come ricorda Aleksandr Tolčenov (p. 376). Attraverso il racconto di molti episodi biografici viene riprodotta l’atmosfera letteraria e sociale fra primo e secondo Ottocento in cui Gogol’ e la ricezione della sua opera giocano un ruolo cruciale. Nei resoconti di Sergej Aksakov e Pavel Annenkov, per esempio, autori dei ricordi più imponenti e decisivi all’interno della raccolta, si rintracciano importanti testimonianze sui testi più celebri come Le anime morte, Roma, Il revisore, Le veglie presso la fattoria di Dikan’ka, sulle rispettive storie editoriali e sulle reazioni del pubblico, anche di «quei lettori indifferenti alla persona dell’autore» (Aksakov, p. 201). Aksakov e Annekov mettono in rilievo quanto la critica successiva avrà modo di notare ossia quell’«occhio sfaccettato»,4 quell’«impero dello sguardo»,5 quella capacità tutta gogoliana di sorvegliare «i moti dell’anima e le manifestazioni dei caratteri altrui» (Annenkov, p. 269) che emerge attraverso l’attenzione per il dettaglio, l’attitudine a riprodurre voci e dialoghi.

I numerosi racconti sui salotti e i circoli frequentati da Gogol’, le letture pubbliche, gli scambi epistolari, il ruolo delle riviste restituiscono l’affresco di un’epoca in cui la letteratura e il dibattito sulla letteratura diventano lo spazio non solo per determinare un nuovo sistema di valori estetici, ma anche per discutere le questioni sociali cogenti per la nascente critica letteraria. Il pensiero e l’attività di Vissarion Belinskij, più volte rammentato dai protagonisti di questa raccolta, segnano la critica letteraria di allora che comincia ad affilare i propri strumenti per leggere e interpretare la realtà russa attraverso il testo letterario. È Aksakov, padre dello slavofilo Konstantin, a testimoniare tra il 1852 e il 1854 quanto ingombranti fossero il magistero dell’occidentalista Belinskij e i circuiti a lui collegati (p. 183) e su Belinskij e le tendenze letterarie successive a Gogol’ è Ivan Panaev a ricordare, nel 1860-1861, quanto Belinskij fosse stato decisivo per quell’«aria nuova, fresca» che stava soffiando sulla letteratura del tempo (p. 211). La vita dei circoli letterari viene rievocata persino dal medico di Gogol’, Aleksej Tarasenkov, e dal poeta e traduttore Nikolaj Berg i quali rispettivamente nel 1856 e nel 1871 ricordano alcune occasioni pubbliche e alcuni testi tra più dibattuti di quegli anni.6

Dunque il racconto su Gogol’ si estende al racconto sulla letteratura e la società ai tempi di Gogol’ con gli artisti e gli scrittori, le diatribe tra le riviste, le divergenze letterarie, gli screzi personali, un quadro generale di vite e opere che si intrecciano e che contribuiscono a riflettere sulla Russia e sull’identità culturale russa. Letto in questa prospettiva, il lavoro presentato da Maccari consente al pubblico italiano di guardare allo scrittore con una rinnovata lente, dando accesso alla dimensione dell’uomo, con le sue manie, i suoi vizi e le sue virtù, ma anche alla dimensione del «grande artista» capace di «parlare del significato della letteratura, della vocazione dello scrittore», sebbene con i celebri e vituperati Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici (1847) abbia espresso uno «spirito insulso e polveroso» (Turgenev, pp. 447, 448). È questo il Gogol’ di questa polifonica antologia, una collezione di diverse maschere, una figura contraddittoria e sfuggente in cui si riflettono i tratti di una società multiforme che a quell’uomo dal «corto paltò» (Annenkov, p. 333) deve molta della propria identità intellettuale.

Note

1 Iz pisem I.S. Turgeneva, in N.V. Gogol’ v russkoj kritike. Sbornik statej, a cura di A.K. Kotova, M.Ja. Poljakova, Moskva, Gosudarstvennoe Izdatel’stvo Chudožestvennoj Literatury, 1953, pp. 533-535: p. 533.

2 Ju. Mann, Lomonosov v tvorčeskom soznanii Gogolja [1986], in Id., Tvorčestvo Gogolja. Smysl i forma, Sankt-Peterburg, Izdatel’stvo Sankt-Peterburgskogo Universiteta, 2007, pp. 534-554: p. 542.

3 G.O. Vinokur, Biografija i kul’tura. Russkoe sceničeskoe proiznošenie, Moskva, Slovari, 1997, pp. 17-88: p. 32.

4 V. Nabokov, Gogol’, in Id., Lezioni di letteratura russa, a cura di C. De Lotto e S. Zinato, Milano, Adelphi, 2021, p. 44.

5 A. d’Amelia, Introduzione a Gogol’, Bari, Laterza, 1995, p. 3.

6 «A un certo punto il discorso si spostò sul teatro e lui [Gogol’] iniziò a risvegliarsi, quando si nominò in particolare la pièce La provinciale del signor Turgenev, che a quei tempi godeva di grandi apprezzamenti» (Tarasenkov, p. 419); «Un’altra volta, sempre da Pogodin, era prevista la lettura della commedia di Ostrovskij, Con quelli di famiglia ci si arrangia, che a quei tempi era nuova e aveva fatto un notevole rumore nei circoli letterari di Mosca e Pietroburgo […] Anche Gogol’ era stato invitato, ma arrivò a metà della lettura» (Berg, p. 398).