La lingua è essa stessa tema e tropo della sua scrittura, come lo è la traduzione, esercizio costitutivo della identità di un autore cresciuto bilingue, in un territorio di confine fra due culture che già si inscrivono, come lui stesso dichiara, nel paradosso del suo nome, per metà irlandese (Ciaran) e per metà inglese (Carson).
I testi qui proposti provengono da The Irish for No1 e Belfast Confetti2, opere risalenti alla fine degli anni ’80, quando Carson tornò a pubblicare poesia in seguito a un silenzio editoriale (fatto salvo per un saggio-guida sulla musica irlandese) durato un decennio, periodo in cui si dedicò all’attività di musicista.
Belfast, i luoghi dell’infanzia, il senso di esilio in una città in continuo mutamento e in continuo assedio, i Troubles e la complessa questione nord-irlandese fanno da sfondo alle due raccolte. Carson percorre la sua città seguendo una mappa tanto fisica quanto mentale e narrativa. Mappa e narrazione si dimostrano elementi essenziali che si compenetrano e completano nelle due opere, entrambe disseminate di racconti in forma di poesia che hanno per oggetto la storia personale dell’autore, storie di persone conosciute e la storia di Belfast.
The Irish for No è divisa in tre sezioni: la prima e la terza composte di poesie lunghe e una sezione centrale di poesie brevi, tutte di nove versi. Nelle poesie lunghe, in particolare, si innesca il tempo dilatato del rievocare eventi e storie personali e locali. Il verso narrativo, prosastico e al contempo musicale, attinge allo story-telling orale irlandese (genere in cui era campione il padre postino, il quale usava passeggiare con i figli lungo le strade da lui percorse per lavoro, rivelando loro aneddoti sulla città), presentando una mescolanza di toni tragici e umoristici e riproducendo, inoltre, la complessa situazione linguistica di Belfast. Carson usa inglese, hiberno-english, parlate e slang locali: un materiale sottoposto a variazioni musicali che trasforma il linguaggio quotidiano e del racconto orale in materiale lirico.
Nelle poesie brevi della sezione centrale il verso resta comunque lungo e narrativo: i modelli ispiratori sono diversi, tra i quali si evidenziano poeti americani come C.K. Williams e gli haiku giapponesi (molti versi mantengono le tradizionali diciassette sillabe).
La scrittura diventa percorso nella città e percorso narrativo: un tragitto faticoso e incerto all’interno di un labirinto di strade e di blocchi militari, un cammino della memoria che scaturisce da luoghi una volta familiari e ormai irriconoscibili, mutati, cancellati dall’avanzare della modernità e dalla guerra. Le narrazioni, infatti, traggono spesso origine dai vuoti di costruzioni bombardate e di terreni abbandonati o dalle rovine di incendi. Questi luoghi si popolano di altri personaggi e delle loro storie.
La scrittura diventa essa stessa labirintica, frammentata da cambiamenti repentini di discorso, da slittamenti di piani temporali. Lo scrittore intento nella narrazione viene interrotto dalla contingenza del presente; al rumore dei tasti della macchina da scrivere fanno eco le pale degli elicotteri, le deflagrazioni che si stampano nella pagina in forma di asterischi, linee tratteggiate, punti. Precario e contingente il presente irrompe sulla pagina bloccando, deviando la scrittura e la ricostruzione del passato.
L’ibridazione di racconto e poesia è ancora più evidente nella raccolta Belfast Confetti dove, nelle tre sezioni introdotte da citazioni, si alternano poesie lunghe e brevi, prose e traduzioni di haiku. Il labirinto di strade e di vicoli, del quartiere di West Belfast, percorso da bambino, si sovrappone a quello delle strade e dei vicoli della città divisa e assediata di Carson giovane e contemporaneo alla guerra e, infine, si sovrappone al dedalo di frammenti narrativi riprodotto sulla pagina.
Quella di Carson è una flânerie che molto deve a Benjamin, un’ispirazione dichiarata nell’epigrafe alla raccolta Belfast Confetti, tratta da Infanzia Berlinese:
Instaurando un dialogo con il predecessore Benjamin, Carson porta avanti l’arte di una “infinita flânerie”, attraversando luoghi familiari e luoghi estranei della città moderna, camminando, come un esiliato, in una zona limite tra la metropoli fisica del presente e quella dei ricordi, luogo in cui la città può diventare visione, sogno, incubo, fantasmagoria. La catena narrativa schiude nostalgie e ricordi terrificanti: il perdersi è anche quello che lo conduce a percorrere strade “proibite” dove si viene interrogati, perquisiti, minacciati.
La città di Belfast si sovrappone ad altre città: New York, Pompei, Berlino, Parigi. Lo spazio fisico diventa metaforico e conversa con altri spazi.
Passato e presente, realtà e immaginazione coesistono e si confondono nell’osservatore-flâneur-narratore, come in uno dei pezzi in prosa di Belfast Confetti: «Where does land begin, and water end? Or memory falter and imagination take hold?».3
Liste di luoghi scomparsi visualizzano il percorso, i segni di interpunzione traducono la guerra, le lotte intestine, la città martoriata. Ciaran Carson stesso si descrive con un segno grafico, un “hyphen”, un piccolo ponte tra un luogo e l’altro, tra il passato e il presente: «So now, I am a hyphen, flitting here and there: between The First and Last – The Gamble – The Rendezvous – The Cellars – The Crow’s Nest – The Elephant – The Fly».4 La sua condizione è quella di una “neither-here-nor-thereness”, dell’essere, dunque, né in un luogo, né in un altro, ma stare tra questi o in entrambi nello stesso momento.
L’imperante figura della mappa si estende nel testo, provvisoria, mutevole e inaffidabile: «Maps and street directories are suspect. No, Don’t trust maps, for they avoid the moment: ramps, barricades, diversions, Peace Lines». La mappa che si ricostruisce a fatica e mai totalmente si trasforma nel suo disegnatore-scrittore diventando, soggettiva e individuale, l’unica mappa possibile: «The map is pieced together bit by bit. I am this map which they examine […] which no longer refers to the present world, but to a history, these vanished streets; a map which is this moment, this interrogation, my replies».5
Le poesie qui proposte furono concepite dal “bardo di Belfast”, nel loro apparire grafico, come righe scritte a macchina dal un lato all’altro del foglio. Nelle edizioni cartacee esse si presentano spezzate da capoversi rientrati rispondenti a esigenze editoriali che non costringono, invece, la loro presentazione nella pagina elettronica e che qui, dunque, mostriamo nella loro lunghezza originale.
Nota biografica
Ciaran Carson nasce a Belfast il 9 ottobre 1948 e trascorre la sua prima infanzia nell’area cattolica chiamata Lower Falls nel quartiere di West Belfast, uno dei più duri teatri di scontro dei Troubles.
Laureatosi alla Queen’s University, partecipa all’ultimo periodo di attività del Belfast Group, fondato da Philip Hobsbaum nel 1963 e diretto, in seguito, anche da Seamus Heaney.
Esordisce nei primi anni ’70, pubblicando su diverse riviste, in particolare «The Honest Ulsterman», diretta da Frank Omrsby e con il primo opuscolo di 14 poesie, The Insular Celts, del 1973 (Belfast, The Ulsterman Publications).
Nel 1976 inizia a lavorare all’Arts Council of Northern Ireland come Traditional Arts Officer, ruolo che ricopre fino al 1998.
Nello stesso anno pubblica la raccolta The New Estate (Belfast, The Blackstaff Press) per la quale riceve nel 1978 l’Eric Gregory Award. Sempre nel 1978 esce un nuovo opuscolo intitolato The Lost Explorer (Belfast, The Ulsterman Publications).
Trascorrono otto anni di quasi silenzio editoriale, periodo in cui Ciaran Carson si dedica alla musica e pubblica nel 1986 una guida alla tradizione musicale irlandese: Irish Traditional Music (Belfast, Appletree Press).
Nel 1987 Carson ritorna a pubblicare poesia con The Irish for No, raccolta premiata con l’Alice Hunt Bartlett Award; nel 1988 con The New Estate and Other Poems e nel 1989 con Belfast Confetti che vince, a sua volta, l’Irish Times Prize for Poetry. Le tre opere sono state pubblicate tutte con The Gallery Press.
Per la stessa casa editrice, esce nel 1993 First Language, con il quale Ciaran Carson vince il T. S. Eliot Prize. In questa raccolta sono presenti versioni di poesie da Baudelaire, Rimbaud, Seán Ó Riórdáin e quattro traduzioni dalle Metamorfosi di Ovidio.
Nel 1996 pubblica Opera et Cetera (Loughcrew, The Gallery Press) che include traduzioni dal poeta romeno Stefan Augustin Doinas. Nello stesso anno pubblica Last Night’s Fun: About Time Food and Music (London, Jonathan Cape) in cui egli esplora ancora più in profondità la musica tradizionale irlandese.
Nel 1997, The Star Factory (London, Granta) libro di racconti e memorie, vero e proprio omaggio alla Belfast della sua infanzia, viene premiato con lo Yorkshire Post Book Award. Nel 1998 seguono The Alexandrine Plan (Loughcrew, The Gallery Press), in cui Carson si cimenta in traduzioni di sonetti da Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé, e la raccolta di sonetti in alessandrini The Twelfth of Never (Loughcrew, The Gallery Press).
L’anno successivo vede la pubblicazione della selezione di poesie su Belfast, The Ballad of HMS Belfast: A Compendium of Belfast Poems (London, Picador, 1999) e del romanzo Fishing for Amber: A Long Story (London, Granta, 1999).
Nel 2001 Carson torna al romanzo The Shamrock Tea (London, Granta), mentre nel 2002 dà alle stampe la sua versione dell’Inferno dantesco, tradotto in Hiberno-English: The Inferno of Dante Alighieri (London, Granta).
Il 2003 segna l’uscita di una nuova raccolta di poesie intitolata Breaking News (Loughcrew, The Gallery Press) che vince il Forward Poetry Prize. Nello stesso anno Ciaran Carson riceve il Cholmondeley Award per la poesia dalla Society of Authors britannica.
Successivamente, Ciaran Carson torna a cimentarsi nella traduzione dal gaelico pubblicando il poemetto di Brian Merriman, The Midnight Court (Loughcrew, The Gallery Press, 2005) e il racconto epico del ciclo dell’Ulster The Táin (London, Penguin, 2007).
Nel 2008, in occasione del suo sessantesimo compleanno, escono per la The Gallery Press le Collected Poems e la nuova raccolta di poesie For All We Know.
Nel 2009 vedono la luce il suo ultimo romanzo The Pen Friend (Belfast, The Blackstaff Press) e la raccolta On the Night Watch (Loughcrew, The Gallery Press). Infine, al 2010 risale il suo più recente libro di poesie intitolato Until Before After (Loughcrew, The Gallery Press).
Ciaran Carson vive ancora oggi a Belfast dove lavora come Professor of Poetry alla Queen’s University of Belfast e come direttore dello Seamus Heaney Centre for Poetry.
Turn Again
There is a map of the city which shows the bridge that was never built. The linen backing is falling apart – the Falls Road hangs by a thread. |
Svolta
C’è una mappa della città con il ponte mai costruito. Si disfa sul retro il rinforzo di lino – Falls Road è appesa a un filo. |
Loaf
I chewed it over, this whiff I got just now, but trying to pin down So much raw material. I was raw. This was a summer job, notreal It seemed the Health Inspectors were due in a while, so we were given Then back to Ajax and Domestos,9 the Augean pandemonium. He asked if I’d remember him. We wrote our names on the snowed-up panes. |
Paneperso
L’ho masticato a lungo, questo odore, ma tentare di definirne Così tanta materia grezza. Io ero materia grezza. Era un impiego estivo, non Sembrava che stessero per passare gli ispettori dell’igiene, così ci dettero Poi si tornava da Ajax, da Domestos e al pandemonio di Augia. Chiese se mi sarei ricordato di lui. Scrivemmo i nostri nomi sui vetri imbiancati. |
Punctuation
This frosty night is jittering with lines and angles, invisible trajectories: Walking in the black space between the stars,11 I’m avoiding the cracks in the pavement. |
Punteggiatura
Questa gelida notte s’agita di rette e di angoli, traiettorie invisibili: Camminando nel nero spaziale tra le stelle, evito le crepe del marciapiede. |
Dresden
Horse Boyle was called Horse Boyle because of his brother Mule; The old-fashioned ones on a string, connected to the latch, I think, All this time the fry was frying away. Maybe she’d a daughter in there Across the border, into Derry, when the RUC – or was it the RIC? – He knew the extinct names of insects, flowers, why this place was called Master McGinty – he’d be on about McGinty then, and discipline, the capitals Carrowkeel was where McGinty came from – Narrow Quarter, Flynn explained – Mule. I forgot to mention they were twins. They were as like as two – As he remembered it, long afterwards, he could hear, or almost hear One day, reaching up to hold her yet again, his fingers stumbled, and she fell. |
Dresda
Cavallo Boyle lo chiamavano Cavallo perché suo fratello lo chiamavano Mulo; di una volta con la corda collegata al chiavistello, mi pare, Intanto la frittura friggeva. Forse aveva una figlia lì dentro, da qualche parte, attraverso il confine, a Derry, quando il RUC – o era il RIC? – Sapeva i nomi estinti di insetti, di fiori e da che veniva il nome di un posto Il maestro McGinty – Cavallo allora si metteva a parlare di McGinty e di disciplina, McGinty veniva da Carrowkeel – dal Quartiere stretto, spiegava Flynn – Mulo. Ho dimenticato di dire che erano gemelli. Erano come due – Quando ci ripensava, molto tempo dopo, riusciva a sentire, o quasi, Un giorno, allungando le mani per riprenderla s’impaperò con le dita, e quella cadde. |
Belfast confetti
Suddenly as the riot squad moved in, it was raining exclamation marks, |
Confetti di Belfast
D’un tratto la squadra anti-sommossa irruppe e piovvero punti esclamativi, |
Campaign
They had questioned him for hours. Who exactly was he?And when A dark umbilicus of smoke was rising from a heap of burning tyres. |
Campagna
Lo interrogarono per ore. Chi era esattamente? E quando Uno scuro cordone ombelicale di fumo si levò da un cumulo di copertoni incendiati. |
Smithfield Market
Sidelong to the arcade, the glassed-in April cloud – fleeting, pewter-edged – Since everything went up in smoke, no entrances, no exits. |
Smithfield Market
Lungo il portico la nuvola d’aprile invetriata – passeggera, orlata di peltro – Da quando tutto andò in fiamme, nessuna entrata, nessun uscita. |
Travellers
On the waste ground that was Market Street and Verner street, wandering trouserless Murdock himself moved out to the Flying Horse estate some years ago. He wanted |
Viaggiatori
Sul terreno in abbandono che prima era Market Street e Verner Street, girovago senza pantaloni, Murdock si spostò nel complesso di Flying Horse alcuni anni fa. Voleva |
Slate Street School
Back again. Day one. Fingers blue with cold. I joined the lengthening queue. These are the countless souls of purgatory, whose constantly diminish |
La scuola di Slate Street
Si ricomincia. Primo giorno. Dita blu dal freddo. Mi aggiungo alla coda sempre più lunga. Sono le innumerevoli anime del purgatorio, la cui schiera diminuisce e cresce |
1 The Irish for No, letteralmente, “la parola irlandese per dire no”. Carson focalizza nel titolo generale della raccolta (e di una poesia all’interno di essa) il tema centrale della traduzione e della incommensurabilità delle lingue inglese e irlandese (non esiste di fatto in irlandese una parola univoca per dire “no”), la difficile coesistenza delle due culture, la difficile comunicazione. Tale titolo riecheggia e riflette a specchio “Ulster says No”, slogan politico di stampo lealista protestante coniato contro l’Anglo-Irish Agreement del 1985.
2 Belfast Confetti (“Confetti di Belfast”) è un espressione nord-irlandese che denomina le bombe artigianali confezionate con materiali diversi e i mattoni lanciati durante le rivolte in Irlanda del Nord.
3 «Dove finisce la terra e l’acqua comincia? O la memoria vacilla e prende forza l’immaginazione?», Schoolboys and Idlers of Pompeii, in Belfast Confetti, Dublin, The Gallery Press, 1989, p. 54.
4 «Così adesso, io sono un trattino, che salta di qua e di là, tra The First and Last – The Gamble – The Rendezvous – The Cellars – The Crow’s Nest – The Elephant – The Fly (nomi di pub)», Barfly, Ibidem, p. 55.
5 «Mappe e stradari sono sospetti. No, non fidarti delle mappe, perché sfuggono il momento: rampe, barricate, deviazioni, Linee di Pace»; «La mappa viene ricomposta pezzo per pezzo. Io sono quella mappa che esaminano […]; una mappa che non si riferisce più al mondo presente, ma a una storia, a quelle strade svanite; una mappa che è questo momento, questo interrogatorio, le mie risposte», Question time, Ibidem, p. 63.
6 In Belfast Confetti, cit.
7 Jameson, Power e Gallaher sono tutte e tre note marche di whiskey irlandese.
8 Bambolotto nero dai capelli lunghi e irti.
9 Prodotti per la pulizia della casa.
10 In Belfast Confetti, cit.
11 “Stars”: in inglese anche asterischi.
12 In Belfast Confetti, cit.
13 In The Irish for No, cit.
14 In Belfast Confetti, cit.
15 In The Irish for No, cit.
16 Ivi.
17 In The Alexandrine Plan, cit.
18 In The Irish for No, cit.