Il «principe» Igor alla corte
d’onore di Nadia Boulanger*
Fiorella Sassanelli

Nato a Kiev il 27 luglio 1912 da una famiglia ricca di un passato nel quale si intrecciano storici, etnografi, musicologi, poeti, pittori e rivoluzionari, Igor Markevitch (1912-1983) si stabilì con la famiglia in Svizzera nell’inverno del 1915 e si formò musicalmente a Parigi. Era adolescente quando, su consiglio di Alfred Cortot, si presentò a Nadia Boulanger, che intuì immediatamente gli eccezionali doni musicali di compositore e interprete di quello che si sarebbe imposto come uno dei maggiori direttori d’orchestra del suo tempo.

MarkevitchF.B. Frittelli, Igor Markevitch, direttore d’orchestra, disegno, Corbignano-Firenze 1947.

La romanzesca biografia raccontata nel libro di memorie, Être et avoir été (Gallimard, 1980), fanno del musicista un personaggio estremamente complesso, affascinante e talvolta oscuro. Si apprende dalla viva voce del protagonista delle attenzioni rivoltegli da Sergej Dagilev e di come a sorpresa questi gli commissionò il Concerto pour piano che sarebbe stato eseguito al Covent Garden di Londra il 15 luglio 1929, un mese prima della morte dell’impresario, dallo stesso Markevitch allora diciassettenne; dell’amicizia con Jean Cocteau; del primo matrimonio con Kyra Nijinskij, la figlia del leggendario ballerino, che Markevitch conobbe in clinica, già stravolto dalla schizofrenia, irriconoscibile, «avec un sourire absent, comme le fantôme de lui-même»;1 del suo secondo matrimonio con Topazia Caetani della nobile famiglia romana; delle assidue aristocratiche frequentazioni alle quali Markevitch non rinunciò mai. Sebbene il libro sia stato pubblicato nel 1980, il racconto della vita di Markevitch si ferma al 1941, alla vigilia della lotta antifascista alla quale il musicista partecipò durante parte del lungo soggiorno toscano (1939-1947) come militante attivo della Resistenza. Per ritrovare la cronologia del racconto, si legga Made in Italy, di precedente pubblicazione,2 nel quale Markevitch prova dapprima a spiegare le ragioni che favorirono l’ascesa del fascismo in Italia, poi fornisce una preziosa testimonianza per la salvezza di un paese che – sostiene, diremmo con lungimirante attualità – lungi dall’essere «un paese turistico», «può diventare un centro di perfezionamento, una scuola di cultura, una riserva naturale di fiorenti libertà».3 I resoconti del suo impegno a favore della Resistenza ritornano in un ulteriore volume di memorie, mai completato, e tutt’ora inedito, conservato in tre stesure dattiloscritte – redatte in lingua francese – nel Fondo Markevitch alla BnF.

Dopo la traduzione di Made in Italy e nonostante le molte parentesi italiane di Markevitch, la pubblicistica italiana si è seriamente interessata al direttore d’orchestra solo nel 2003, con lo studio-indagine di Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca Il misterioso intermediario: Igor Markevič e il caso Moro (Torino, Einaudi, 2003); il testo, scomparso dal catalogo poco dopo la pubblicazione, è riapparso nel 2014 in una versione ampliata per i tipi di Chiarelettere.4 La ricostruzione di Fasanella e Rocca attribuisce al direttore d’orchestra un ruolo chiave nella trattativa con i rapitori dello statista italiano. Citando alcune piste emerse alla fine degli anni Novanta, e contro le quali il mondo della cultura si è opposto con incredulità e fermezza, i due autori si chiedono se non sia forse Markevitch il «Grande Vecchio delle Br, l’inquisitore che aveva interrogato l’ostaggio dentro la prigione del popolo»,5 sottolineando allo stesso tempo la coincidenza tra quella via Caetani in cui venne ritrovato il cadavere di Moro – e che le indagini hanno confermato non fosse granché distante dal luogo in cui lo statista venne ucciso – e palazzo Caetani, dimora della nobile famiglia romana con la quale il direttore d’orchestra si era imparentato, avendo sposato in seconde nozze Topazia Caetani, la nipote di Roffredo, figlioccio di Franz Liszt.6

Per tutta la vita, Nadia Boulanger conservò un’attenzione speciale per quelli che lei amava definire i suoi deux élèves de génie: il pianista Dinu Lipatti, prematuramente deceduto a 33 anni nel 1950 a seguito di una malattia, e il compositore e futuro direttore d’orchestra Igor Markevitch. L’apprendistato musicale di quest’ultimo fu di breve durata. Dopo la formazione musicale al liceo di Vevey, concentrata soprattutto sul pianoforte che aveva studiato con un’alunna di suo padre,7 Markevitch si era stabilito a Parigi con la madre Zoïa Markevitch,8 in square des Batignolles, nell’autunno 1927, per seguire le lezioni all’École Normale. Alfred Cortot, al quale l’adolescente aveva mostrato poco tempo prima la partitura delle sue Noces (1925), si era impegnato per farlo ammettere presso questa prestigiosa istituzione. Cortot lo affidò a una delle sue assistenti per il pianoforte, Madame Kastler, e a Nadia Boulanger per l’armonia, il contrappunto e l’analisi. «Rien n’a altéré l’admiration et l’affection dont je fus pris pour elle dès les premiers jours»,9 avrebbe ammesso Markevitch nelle memorie.

Au contact de Nadia Boulanger, mon goût évolua en quelques leçons et toute la musique m’apparut avec une importance nouvelle. Que ne dois-je à l’intelligence de ses belles mains! Celles-ci contenaient tant de savoir qu’elles semblaient faites de matière grise. Je n’en connais pas d’autres auxquelles s’applique mieux la jolie formule de Denis de Rougemont: penser avec les mains. Paraissant souvent réfléchir la musique plus vite que Nadia elle-même, elles savaient tout lire, déchiffrer, transformer, deviner. […] Lorsqu’elles jouaient, elles restituaient avec objectivité toute une subjectivité passée, ce qui restera toujours pour moi le devoir à la fois humble, exact, imaginatif et infiniment savant de l’interprète.10

Con dolce nostalgia, Markevitch racconterà il suo smarrimento da adolescente dinanzi alla severità di una classe di adulti:

Notre classe à l’École Normale se composait d’une vingtaine d’élèves tous adultes et parfois mûrs jusqu’à en être blets. On venait de partout faire un stage dans ce cours renommé. Seul enfant en culottes courtes, dans cette atmosphère sévère, je fus reçu avec un amusement, parfois agacement à cause de mes saillies, de mon bruit et de la vivacité que je mettais à répondre à la place des autres.11

Sotto la guida di Nadia Boulanger, Markevitch lavorò soprattutto all’analisi delle sonate di Beethoven e delle cantate di Bach e quando, ormai anziano, riuscirà a portare a termine una monumentale edizione delle sinfonie di Beethoven,12 ammetterà: «Si j’y suis parvenu, je le dois au fait qu’enfant j’ai pû grâce à cette femme initiée pénétrer au coeur de la musique».13

Lettere a Igor Markevitch

Il contributo che segue mira a disegnare l’avventura artistica del musicista ucraino attraverso la corrispondenza indirizzatagli da una selezionata rete di personalità influenti della cultura cosmopolita, non solo musicale, del suo tempo: tra oltre 1150 corrispondenti censiti vale la pena di citare i nomi del segretario e factotum di Dâgilev Boris Kochno, dei mecenati Charles de Noailles,14 Winnaretta Singer moglie d’Edmond Polignac15 e José Maria Sert, dei compositori Georges Auric, Samuel Barber, Benjamin Britten, Alfredo Casella, Aaron Copland, Luigi Dallapiccola, Jean Françaix, Giorgio Federico Ghedini, il pioniere della musica elettronica in Italia Pietro Grossi, Gianfrancesco Malipiero, Francis Poulenc, Igor Stravinskij,16 del critico e collezionista d’arte americano di religione ebraica Bernard Berenson con la segretaria Elisabetta Mariano detta Nicky,17 della scrittrice Simone de Beauvoir,18 degli scrittori Nikolas Nabokov e Charles-Ferdinand Ramuz, della giornalista Françoise Giroud, del filosofo Benedetto Croce, del geologo, paleontologo con la passione della musica e della musicografia Élie Gagnebin, dei pittori Salvador Dalì, Oscar Kokoschka e Pablo Picasso, dei direttori d’orchestra Leonard Bernstein, Karl Bohm, Herbert von Karajan e Hermann Scherchen (suo professore di direzione d’orchestra),19 dei pianisti Clara Haskil e Nikita Magaloff,20 del violoncellista Mstislav Rostropovič,21 dei cantanti Doda Conrad e Hugues Cuenod, dei principi Pierre e Ranieri di Monaco, dei musicologi Claude Rostand e Pierre Souvtchinsky, della poetessa Louise de Villemorin, oltre a una schiera di allievi direttori tra i quali spicca il nome di Daniel Baremboim. Basta questa lista a comprendere l’enormità del fondo documentario intitolato a Markevitch, custodito presso l’istituzione parigina, e i cui numerosi dossiers sono ancora sottoposti a inventario e dunque in attesa di essere studiati a fondo.

Una riflessione a parte merita la corrispondenza con lo scrittore e poeta Jean Cocteau con il quale Markevitch condivise una lunga e profonda amicizia. Assiduo frequentatore del salotto di Misia Sert dove probabilmente lui e Markevitch si incontrarono, e oggetto della passione della stessa Marie-Laure de Noailles, Markevitch visse un intero anno in compagnia dello scrittore. I due coabitarono infatti in Svizzera prima a Villars, poi a Corsier: qui furono accolti dalla madre del compositore, tra il 1934 e il 1935, rallegrata dalla fine dell’avventura tra il figlio e Marie-Laure de Noailles, che per lui aveva lasciato il marito e le figlie. Le sole due lettere autografe inviate da Cocteau, insieme a due telegrammi, custoditi nel fondo Markevitch a Parigi e risalenti al 1962 (quando, in occasione dei cinquant’anni, Markevitch offrì un concerto alla città di Vevey in cui dirigeva l’Histoire du soldat con Cocteau voce recitante), risultano davvero insufficienti a raccontare un lungo sodalizio umano e artistico. L’esiguità della corrispondenza in oggetto potrebbe essere il sintomo che il lascito documentario curato dallo studioso Jean-Claude Marcadet, a cui lo stesso Markevitch aveva deciso di affidare negli ultimi anni i suoi archivi personali, e ciò contro il parere del figlio, il direttore d’orchestra Oleg Caetani, potrebbe prima o poi rivelarsi incompleto. Nulla impedisce infatti di supporre che, per il loro valore di mercato, documenti privati tra Cocteau e Markevitch possano emergere nel corso di successive vendite all’asta; e ciò senza insinuazioni su quella che Markevitch ha definito un’amicizia fraterna.22

Consapevoli che le due tabelle allegate al presente articolo potranno guidare il lettore e lo studioso solo parzialmente alla conoscenza di una figura carismatica quanto ancora troppo poco valorizzata della cultura europea della seconda metà del Novecento, si intendono fornire in questo contesto pochi seppure significativi spunti di orientamento nella vasta corrispondenza, illuminando dettagli capaci di valorizzare i tanti aspetti di una personalità poliedrica, ai limiti del camaleontismo: quella del compositore (fino al 1943, data dell’ultima revisione di Icare); del direttore d’orchestra (attività alla quale Markevitch si dedicò dopo la crisi creativa e che proseguì, ad alti livelli, sino al 1960; a partire da quell’anno cominciò a soffrire di una labirintite che lo allontanò progressivamente dal podio); infine dell’insegnante al servizio dei giovani direttori d’orchestra. Ecco di seguito pochi frammenti di lettere, scelti anche per l’attualità del significato che conservano ancora a distanza di qualche decennio.

Il compositore

Que c’est beau, à une époque où tout le monde se lamente sur la crise, la pluie, la politique, la fièvre de Malte, de te voir créer de nouvelles œuvres avec le sentiment si juste, que tout n’est pas dit encore, qu’il y a tout à découvrir et que ce travail exige la disposition de toutes les forces.23

L’autore del frammento della lettera citata è Élie Gagnebin (1891-1949). Professore di geologia e paleontologia all’Università di Losanna, Gagnebin fu un personaggio di primo piano negli ambienti culturali svizzeri, amico di Jean Cocteau, André Gide, Charles-Ferdinand Ramuz, Jean Villard-Gilles e Ernest Ansermet, appassionato di musica e teatro e prima voce recitante dell’Histoire du soldat di Stravinskij nel 1918, al teatro di Losanna, diretta dallo stesso Ansermet. Ispiratore del romanzo di Yves Navarre Évolène (Paris, Flammarion, 1972), Gagnebin nel corso della vita manifestò una sincera stima per la musica di Markevitch. Alcune delle lettere indirizzate al compositore suo amico (la corrispondenza di cui si ha traccia negli archivi parigini è compresa tra il 31 dicembre 1931 e il 30 dicembre 1947) sono autentiche perle anche letterarie di questa vasta collezione. È Gagnebin a cercare Markevitch, sul finire del 1931 e nella prima lettera si rivolge a lui chiamandolo «cher Monsieur». Da ammiratore esperto (prima di scrivergli, Gagnebin si era procurato la partitura di Partita di Markevitch da decifrare al pianoforte),24 lo studioso diventa molto presto amico del compositore, trasformando in pochi mesi quel «cher Monsieur» in «Mon cher Igor». Quando il 26 luglio 1932 Gagnebin scrive a Markevitch, questi sta per festeggiare, appena, il suo ventesimo compleanno. «L’état civil n’est qu’un mauvais schéma. Il y a longtemps que tu es “majeur”»,25 gli ricorda Gagnebin, alludendo alla celebrità internazionale dell’amico.

Il direttore d’orchestra

Con una cartolina pasquale di auguri, Claude Rostand annuncia nel 1954 a Markevitch di aver conseguito il Grand prix de l’Académie internationale du disque con l’interpretazione del Sacre du printemps di Stravinskij e dei Canti di prigionia di Dallapiccola. Nulla in questo caso, data la circostanza, è più naturale di un pulcino con accanto un uovo appena covato, fatto salvo che il pulcino è, come indica Rostand a penna, «Igor» e l’uovo «le Sacre du printemps».26

È ancora una lettera di Rostand, del 20 agosto 1959, a dirci dell’abilità unica di comunicatore riconosciuta a Igor Markevitch: è per questo che pensano a lui i redattori dell’emissione televisiva En français dans le texte che fa sfilare davanti alle telecamere della Radio Télévision Française le figure di prestigio della cultura francese.

Tu as facilement et naturellement un contact direct avec le public, que tu sens le public, que tu le comprends, et que, par conséquent, tu es plus que personne à même de te faire comprendre de lui, de lui faire comprendre facilement les choses difficiles, et de retenir son attention par la façon concrète et imagée dont tu présentes tes propres idées.

[…] il résulte qu’il y a entre toi et une large masse de public un lien naturel […].27

Rostand è particolarmente attratto dall’abilità comunicativa dell’amico. Nella prefazione a Point d’orgue, che raccoglie i testi di dodici interviste radiofoniche raccolte all’inizio del 1959, il musicologo ammette che già la sagoma del direttore sulla copertina di un disco appena ricevuto, in cui Markevitch dirige Una vita per lo zar di Glinka, possiede una carica visiva capace di trascendere l’ascolto stesso del disco.28

La silhouette d’Igor Markevitch vient soudain de se dresser dans la pièce avec une surprenante présence, une présence très aigüe, pendant l’ouverture. Elle s’impose, avec les gestes essentiels que nous lui connaissons bien […]. Chose rare et digne d’admiration, aucun de ces gestes n’a d’autre but que d’être fonctionnel. […] Le geste est celui de «l’œuvre à faire». La poésie jaillit du métier, comme le beau jaillit de l’utile […].29

Il didatta

L’ultimo passaggio, che si intende segnalare, si riferisce all’attività d’insegnante alla quale Markevitch si consacrò con sempre maggiore impegno a partire dagli anni Cinquanta. Ai corsi internazionali al Mozarteum di Salisburgo, durante il celebre festival estivo, si formarono, tra gli altri, Daniel Barenboim, Piero Bellugi, Herbert Blomstedt e Wolfgang Sawallisch. Questa lettera indirizzata il 9 maggio 1956 a un’aspirante direttrice appena dodicenne contraddice non solo il luogo comune che vede la direzione d’orchestra (la lettera è di sessant’anni fa) come un’attività per soli uomini, ma smentisce pure quella visione del podio come il punto d’arrivo di una lunga formazione musicale, e dunque la pratica della direzione d’orchestra come un esercizio esclusivo all’età adulta. L’allieva in questione si chiama Michèle Duval, e Markevitch le scrive così:

Certes, si votre mère avait la possibilité de vous envoyer à Salzbourg, ce pourrait être très intéressant pour vous. La direction d’orchestre est un métier qu’on apprend toujours trop tard et si l’on veut bien le faire, c’est-à-dire avec une complète liberté du corps et de l’esprit, il faut s’y donner le plus tôt possible.30

Dalla parte di Nadia Boulanger

Gli scambi con Nadia Boulanger costituiscono una sezione ragguardevole dell’intera collezione epistolare per numeri e qualità: vi si contano oltre 200 lettere della musicista inviate a Markevitch dal 1929 e sino alla morte di questa, avvenuta a Parigi nel 1979. Tra il 1929 e il 1979, anche lui le scrisse almeno 183 volte, lasciando un corpus di lettere catalogato e conservato nel Fondo Boulanger della BnF, e facilmente accessibile ai ricercatori.31 Non si conosceva invece l’altro capo della corrispondenza, ovvero le lettere che Nadia Boulanger inviò al suo allievo, presto divenuto un compositore celebre, poi un direttore d’orchestra di successo (Nadia gli affidò, significativamente, la musica della sorella minore, Lili Boulanger),32 e persino un’eminente personalità a livello politico e istituzionale. Nel tempo gli scambi tra Nadia Boulanger e l’allievo furono piuttosto regolari, ad eccezione di un vuoto tra marzo 1940 e il 1947, anni difficili in parte coincidenti con il soggiorno italiano di Markevitch.33

La seconda lettera di Nadia Boulanger, risalente a settembre 1929, sebbene non datata, catapulta immediatamente al cuore della favola di Igor Markevitch, e alla stupefacente ascesa resagli possibile dall’incontro con Dâgilev nel 1928. Impressionato dalla musica della sua Sinfonietta che debuttò il 30 novembre 1929 a Bruxelles diretta da Roger Desormière, Dâgilev commissionò a Markevitch un Concerto pour piano, che debuttò al Covent Garden di Londra il 15 luglio 1929; Dâgilev intendeva in questo modo mettere il giovanissimo compositore alla prova prima di commissionargli un vero balletto. Il contratto venne firmato il 14 giugno 1929 con Zoïa Markevitch, madre e tutrice. La composizione aveva già un titolo: L’Habit du Roi che Kochno aveva adattato dal racconto di Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore. Dâgilev sperava di affidare la coreografia a Serge Lifar e i costumi a Picasso: fu la sua ultima commissione. L’impresa però non fu tuttavia mai portata a compimento. Il 19 agosto 1929, Dâgilev morì infatti a Venezia e Markevitch, che aveva salutato l’amico a Salisburgo da dove era rientrato in Svizzera, apprese la terribile notizia dalla stampa. La lettera di Boris Kochno, scritta l’indomani dall’Hotel des Bains, a Venezia Lido, in una lingua che mescola russo e francese, arrivò già tardi.34 Qualche settimana dopo, le parole di Nadia Boulanger sanno esprimere al meglio il dolore di una perdita umana e artistica, la fine di un’amicizia e allo stesso tempo il crollo di un sogno dorato:

Mon cher petit, comment j’ai passé l’été sans t’écrire, alors que je n’ai pas passé un jour sans penser à toi, je ne puis me l’expliquer. J’ai reçu ta belle lettre de Londres, ai suivi le beau voyage heure par heure, tes émotions, tes surprises, tes joies; j’ai compris tout ce qu’avait été cette expérience, tout ce qui s’y mêlait pour la faire riche, significative et si heureuse.

Puis un jour, brutalement, le journal m’a appris la terrible nouvelle. J’ai compris l’effondrement de tant de rêves, et dominant tout, la perte d’une affection unique. C’est se mesurer une fois de plus avec le malheur, vraiment trop tôt. Et tout ce que j’ai senti si profondément s’est traduit en silence.35

Una combinazione unica e profondissima di affetto e intima stima guidarono quel sentimento di vicinanza e sostegno – materiale e spirituale – che muove ogni seppur minimo scambio – anche quello apparentemente più formale, qual è un biglietto di auguri per il compleanno o per l’anniversario di nozze con Topazia Caetani – tra Nadia Boulanger e Igor Markevitch. Markevitch volò molto presto dal nido, le sue lezioni con Nadia Boulanger durarono un paio d’anni, al termine dei quali l’insegnante diventò per lui una mecenate diretta e indiretta. Lo testimonia una lettera del 30 gennaio 1933 nella quale Nadia Boulanger comunica all’allievo di un tempo la decisione di sostenere finanziariamente la composizione de L’envol d’Icare, che poté così finalmente debuttare nel giugno 1933 alla Salle Gaveau, con l’Orchestre symphonique de Paris diretta da Desormière.

Après des promesses, des réticences, des difficultés, j’ai renoncé à trouver ce que nous cherchions, mais pas à entendre Icare. Permets-moi, avec beaucoup d’affection de mettre à ta disposition 3000 fr.36

Mancavano ancora 1000 franchi e Nadia Boulanger consigliava a Markevitch di chiederli alla Principessa di Polignac.

Da par suo, Markevitch non perse occasione per testimoniare a lei tutta la gratitudine con sincerità, come conferma una lettera che Markevitch inviò a Nadia Boulanger il 28 ottobre 1950, tornando da Bruxelles dove la musicista era attesa a sua volta per dirigere la Symphonie des Psanumes di Stravinskij. Di sua iniziativa, Markevitch aveva preceduto Nadia Boulanger nei contatti col locale direttore del coro, concordando con lui la riduzione del numero dei coristi in un passaggio a cappella, per preservarne – spiega – «la finesse de nuances et d’intonation voulue».37 Non solo, dopo l’annuncio di tale iniziativa Markevitch offriva spontaneamente a Nadia Boulanger una serie di consigli tecnici su come affrontare la complessa partitura, dettagliando punto per punto. La lettera si conclude con l’invito a trascorrere il Natale insieme in Svizzera, in compagnia del pianista Dinu Lipatti. Il 9 novembre 1950 giunge la risposta, forte, intensa e profonda di Nadia Boulanger:

Mon cher Igor,

quelle merveilleuse lettre. J’y retrouve ton intelligence, ta clarté d’esprit – et ton affection. Merci. Tes indicatins sont précieuses, et je suis bien jeureuse que tu aies parlé avec le chef des chœurs. De telles remarques suffisent pour entreprendre le travail dans la bonne direction. Ton do ♯ vient de ce que Strawinsky a changé plusieurs fois ce ♯ en ♮ et est revenut au ♯, d’où ces conflits entre partition [sic] selon le tirage. Ai à te parler de plusieurs autres points – mais… J’ai été dérangée 10 fois depuis que j’ai commencé ce mot – et mes élèves arrivent. Reprendrai un de ces prochains jours. Suis très tourmenté de Dinu. Quelle tragédie – et que tout est sombre. Va-t-il une fois encore reprendre le dessus. Cette lutte affreuse et incroyable aurait achevé tout autre que lui, si faible – et si fort.

Sachez que je pense à vous, oui je dois dire, journellement. Plus le temps s’accumule entre nous (s’accumule… quelle fausse image, pourtant vraie) plus je comprends tout ce qui m’aa attachée à toi dès ton enfance – et je suis d’une fierté folle d’avoir tout compris avant de rien savoir. Toi seul devait l’être! Je vous embrasse tous et suis toujours votre Nadia.38

L’affetto della vecchia insegnante sembra essersi trasformato nell’ammirazione di una donna che ritrova nell’alunno di un tempo la presenza rassicurante dell’uomo – compagno o figlio – sul quale non ha mai potuto contare. Saperlo così lucido nella strategia e insieme affettivamente affidabile fa di lui un insostituibile consigliere, nonché un «manager» nel senso vero della parola. Nadia Boulanger non pensa ad altri se non a lui per istituire l’Association des Amis de Lili Boulanger che questi accetta di presiedere e quando si rivolge a lui per registrare i dischi con le opere della sorella Lili, non è solo il musicista o l’interprete che sollecita, ma soprattutto l’uomo, con le sue relazioni professionali e il suo aplomb istituzionale, la persona in grado di raccogliere e disporre di risorse umane e finanziarie: i solisti, le orchestre, le sale di registrazione, le etichette discografiche. Nadia chiede l’aiuto di Igor Markevitch anche per realizzare un progetto editoriale dedicato alla memoria di Lili Boulanger, e anche qui il contributo del suo «cher Igor» è un contributo di idee ancor prima che una testimonianza sul valore effettivo della musica che la compositrice ha lasciato. I dossiers conservati alla Bibliothèque nationale de France documentano ogni fase delle realizzazioni discografiche e dell’istituzione dell’Association des Amis de Lili Boulanger; essi sono parte integrante della relazione tra Nadia Boulanger e Igor Markevitch.

Lo studio della corrispondenza tra i due musicisti non è tuttavia completo senza far menzione, seppure brevemente, di tre dossiers relativi all’organizzazione di altrettante feste di anniversario per il settantesimo, ottantesimo e novantesimo compleanno della musicista e che Markevitch coordinò come un vero regista.39

Se il novantesimo anniversario venne festeggiato a Parigi, con due cerimonie ufficiali all’Institut des Beaux-Arts e alla Mairie, e quello dell’ottantesimo al Palazzo Reale a Monaco, con la consegna della cravatta di Commandeur de la Légion d’honneur, quello del 16 settembre 1957 fu celebrato a Villars, nella monumentale casa di Markevitch, detta «l’Aiglerie». La lista degli invitati, stilata dal musicista e dalla seconda moglie, Topazia Caetani, con indirizzi tra Europa e Americhe, riempie dieci pagine; tra gli ospiti il Principe di Monaco, le Regine d’Italia, Belgio e Spagna, Igor Stravinskij e Jean Françaix al quale Markevitch aveva commissionato la composizione di una cantata in onore di Nadia Boulanger.40 La stampa internazionale pubblicò echi di questo sontuoso ricevimento.

While the Markevitch children presented with a $3,000 dollar diamond bought by members of the Boulangerie the world over, the guests launched into an exuberant chorus composed for the occasion by Francis Poulenc (Vive Nadia, the dear Nadia Boulanger, the very dear Nadia, Al-le-lu-jah!). Later musicians performed another birthday tribute: a Cantata by composer Jean Françaix for five strings, five winds and six-handed piano.41

La storia insegna che cultura e mondanità sono stati spesso molto vicini. Eppure l’alto gradiente mondano, a tratti persino imbarazzante, di certi documenti del fondo Markevitch ha probabilmente influito sulla considerazione del valore degli stessi sul piano scientifico. Non si spiegherebbe altrimenti la ragione per la quale un fondo legato a una personalità di tale spessore per la storia della musica francese ed occidentale abbia dovuto attendere oltre trent’anni prima di essere oggetto di un serio lavoro di inventario.

Conclusioni

Negli anni 1970 la corrispondenza tra Nadia Boulanger e Igor Markevitch si intensifica per numero e profondità degli scambi epistolari. Divenuta quasi cieca, la compositrice detta le sue lettere alla segretaria Annette Dieudonné; di contro, la lucidità del suo pensiero è stupefacente. In uno stato di semi infermità, l’11 settembre 1978, Nadia Boulanger detta questa lettera che tocca, a nostro parere, forse il vertice della collezione di cui ci siamo occupati.

Cher Igor, impardonnable silence, expliqué par la stagnation dans laquelle je trébuche. […] Au moment de dicter, ce sont mes propres faiblesses qui dominent. […] Je suis désormais dans l’ignorance et tour à tour l’imagination me fait rêver, divaguer, inventer et tu es là, image toujours renouvelée d’un même Igor, toujours différent et toujours le même. Mais la fatigue domine et ainsi tu ne reçois rien comme je ne reçois rien d’eux que j’aime tant.42

Anche Markevitch, flagellato ormai da tempo dai problemi di salute che hanno irrimediabilmente compromesso la sua attività internazionale di direttore d’orchestra, si è nel frattempo rinchiuso in un mondo a parte, concentrato sui suoi studi, i suoi ricordi e i suoi archivi, in un isolamento che la stessa malattia ha esasperato. Si fa fatica a confrontare l’immagine di quest’uomo ormai anziano, senz’altro ancora molto potente sul piano politico e diplomatico, e allo stesso tempo misterioso, che ha allontanato i figli, accettando di affidare i suoi archivi personali a una coppia di ricercatori specializzati in letteratura russa. Ha ragione Nadia Boulanger quando parla d’«un même Igor, toujours différent et toujours le même». Per tutta la vita Markevitch ha abituato quanti lo hanno conosciuto alle sue molteplici trasformazioni: questa non è che l’ultima, epilogo amaro di un «principe» al quale la vita ha donato tutto: le gioie ma anche le sofferenze. Non tutte le storie regali hanno un lieto fine, e ciò rende queste creature un tempo così potenti, più umane ai nostri occhi.

Note

* Nel rispetto del contesto francese di questo studio e delle fonti francesi studiate, in luogo della traslitterazione russa (Markevič), si è preferita la trascrizione internazionale del nome (Markevitch), così come appare nel catalogo della Bibliothèque nationale de France (BnF) dove è conservato il Fondo Igor Markevitch (VmFonds MRK 119) e dal quale provengono quasi tutti i documenti che sono alla base di questo studio. Esso è infatti, in parte, il frutto di un soggiorno durato cinque mesi, e svolto in due riprese nelle estati 2013 e 2014, presso il Département de la musique della BnF. La sottoscritta ha beneficiato come borsista in entrambe le occasioni del programma «Profession culture», promosso dalla stessa BnF e finanziato in collaborazione col Ministero della Cultura francese. Un sentito ringraziamento va dunque alle Istituzioni che hanno reso possibile il duplice soggiorno di ricerca, nonché al capo del dipartimento, Élizabeth Giuliani che mi ha accolta con simpatia e affetto, facendomi sentire subito parte integrante della prestigiosa équipe da lei coordinata, e alla responsabile dei fondi dello stesso dipartimento, Laurence Decobert, che con preziosi suggerimenti mi ha guidata nell’esplorazione di questa enorme collezione di documenti privati e professionali, accordandomi totale fiducia nelle varie fasi del lavoro: il risultato finale è stata la stesura di un primo e parziale inventario della corrispondenza professionale di Igor Markevitch, con la conseguente attribuzione delle collocazioni che vengono fornite in appendice al testo, quale ulteriore strumento di ricerca, non essendo queste ancora disponibili nel catalogo digitale della BnF. Alla totalità della corrispondenza è stata attribuita la collocazione VM Fonds MRK 119 (1), vedi le tabelle riportate. A questo corpus documentario si aggiunge un numero ridotto di lettere autografe, indirizzate a Markevitch da personalità particolarmente prestigiose del mondo artistico della prima metà del Novecento, alle quali è stata attribuita la collocazione N.L.A. 402. L’articolo di seguito pubblicato è la rielaborazione di un intervento inserito nel programma del convegno internazionale City of Light: Paris 1900-1950, svoltosi al French Cultural Institut di Londra, dal 27 al 29 maggio 2015.

1 «Col sorriso assente, come il fantasma di se stesso». I. Markevitch, Être et avoir été, Paris, Gallimard, 1980, p. 162. La traduzione dal francese, ove non diversamente indicato, è mia.

2 I. Markevitch, Made in Italy, Lausanne, Mermod, 1946. L’edizione italiana apparsa per Einaudi nel 1948 è stata curata da Natalia Ginzburg.

3 Ivi, p. 211.

4 G. Fasanella, G. Rocca, La storia di Igor Markevič. Un direttore d’orchestra nel caso Moro, Milano, Chiarelettere, 2014. Secondo quanto raccontato dagli stessi autori nell’appendice alla riedizione («Il libro che mancava». Storia di questo libro, dopo la sua pubblicazione, pp. 423-441), le reazioni avverse e altrettanto accese suscitate dalla ricostruzione degli eventi, così come pubblicata nel 2003 per Einaudi, ha indotto la casa editrice torinese a mandare il libro preventivamente al macero, nonostante il positivo riscontro delle vendite. Nel 2013, quando sono state da me avviate le ricerche su Markevitch, il libro in oggetto era infatti reperibile soltanto in alcune biblioteche di stato (e stranamente non in quella di Bari, città la cui università è intitolata proprio allo statista ucciso dalle Brigate Rosse). L’acquisizione di nuovi elementi relativi all’omicidio Moro, il positivo esito di una vicenda giudiziaria intentata ai danni di Fasanella e Rocca hanno indotto i due scrittori a tornare sulle loro pagine, ampliandole, nella veste pubblicata per Chiarelettere. Ampi passaggi dell’autobiografia di Markevitch sono qui ripresi per la prima volta in italiano, e si rimanda pertanto ad esso per il racconto della vita del musicista.

5 Fasanella, Rocca, La storia di Igor Markevič, cit., p. 12.

6 Il matrimonio tra Markevitch e Topazia fu celebrato il 23 luglio 1947. All’epoca del rapimento Moro, nel 1978, il matrimonio era già concluso, sebbene i due coniugi non avessero formalmente divorziato.

7 Il pianista Boris Nikolaievič era morto nel 1922 a quarantasette anni di tubercolosi, in un sanatorio nella stazione climatica di Leysin, in Svizzera.

8 Appassionata di narrativa russa, la donna fu autrice di un romanzo, Les Vérinine (Paris, René Julliard, 1960), saga in parte autobiografica di una grande famiglia ucraina dal tempo di Caterina II agli anni Cinquanta del Novecento.

9 «Nulla ha alterato l’ammirazione e l’affetto che ho provato per lei sin dai primi giorni». Markevitch, Être et avoir été, cit., p. 133.

10 «A contatto con Nadia Boulanger, il mio gusto migliorò in poche lezioni e tutta la musica mi apparve con un’importanza nuova. Quanto devo all’intelligenza delle sue belle mani! Esse contenevano tanto sapere da sembrar fatte di materia grigia. Non ne conosco altre alle quali si applica meglio la formula di Denis de Rougemont: pensare con le mani. Dando la sensazione di riflettere la musica ancor prima di Nadia stessa, esse sapevano leggere tutto, decifrare, trasformare, intuire. […] Quando suonavano, restituivano una soggettività passata, e ciò resterà per me il compito umile, e allo stesso tempo preciso, immaginativo e infinitamente saggio dell’interprete». Ivi, pp. 135-136.

11 «La nostra classe all’École Normale era composta da una ventina di allievi tutti adulti, talvolta maturi, alcuni un po’ troppo. Giungevano da ogni parte per fare uno stage in questo corso rinomato. Essendo il solo bambino in pantaloni corti in quest’atmosfera severa, fui accolto con divertimento, ma talvolta con fastidio a causa delle arguzie, del fragore e della vivacità con cui rispondevo al posto degli altri». Ivi, p. 133.

12 L. van Beethoven, Édition encyclopédique des neuf symphonies. Révision complète avec synopsis historique, étude critique, analytique et pratique par Igor Markévitch, in 9 volumi [Luynes], Van de Velde; Leipzig, Peters, 1982-1985 (copyright 1981 delle edizioni Peters).

13 «Se ci sono riuscito lo devo al fatto che da piccolo, con l’aiuto di questa donna iniziata, sono arrivato al cuore della musica». Markevitch, Être et avoir été, cit., p. 136.

14 Nipote della poetessa e scrittrice Anna de Noailles, che era stata ispiratrice di Proust e mecenate delle avventure artistiche di Dâgilev e Cocteau, Charles de Noailles commissionò nel 1934 a Markevitch la composizione dell’oratorio per coro e orchestra Le Paradis perdu, ispirato al poema di Milton (il compositore fu anche autore del testo che scrisse tra il 1934 e il 1935 sotto la supervisione di Jean Cocteau). La commissione giungeva alla conclusione di una burrascosa relazione sentimentale intercorsa tra Markevitch e l’eccentrica Marie-Laure de Noailles, moglie di Charles, il quale senza grande imbarazzo riuscì a far abortire la moglie, che aspettava un figlio dal compositore, di dieci anni più giovane di lei.

15 La Principessa Polignac sostenne il compositore Markevitch sin dagli esordi. Nel 1930 gli commissionò Partita per pianoforte e orchestra da camera, dopo aver acquistato il manoscritto del Concerto grosso (1930).

16 Negli anni della maturità, Markevitch e Stravinskij recuperarono stima e cordialità reciproche, dopo l’avversione iniziale di Stravinskij nei confronti del giovane collega che il clamoroso sostegno di Dâgilev aveva reso improvvisamente celebre. Da direttore d’orchestra, Markevitch contribuì alla celebrità del Sacre du printemps la cui interpretazione, alla guida della Philarmonia Orchestra di Londra, valse al direttore un «Grand prix de l’Académie du disque français» nel 1953. Quattro anni prima, a Bruxelles, Markevitch e il Sacre furono al centro di un’altra impresa particolarmente significativa, promossa dalla Federazione internazionale delle Jeunesses musicales fondate da Marcel Cuvelier. Dal 24 febbraio al 1° marzo 1949, per una settimana consecutiva, nel Palais des Beaux-Arts, il Sacre du printemps fu eseguito davanti a diciassettemila ascoltatori, di varia estrazione, molti dei quali studenti e operai. L’esecuzione del Sacre era di volta in volta introdotta da una lezione tenuta dallo stesso direttore. Quel testo è raccolto in Le sacre du printemps présenté par Igor Markevitch. Une victoire de l’art moderne aux Jeunesses musicales de Belgique, Bruxelles, Jeunesses musicales de Belgique, 1949. Sulla prima pagina dell’esemplare conservato presso la BnF (Musique) si legge la firma di Dimitri Markevitch, fratello minore del direttore.

17 Durante il soggiorno toscano, Markevitch era assiduo frequentatore della Villa I Tatti nella quale Berenson viveva con la moglie Mary e la segretaria. Markevitch ottenne di potersi stabilire in una dépendance (da lui stesso definita «il Villino») di quella residenza, che per «il mondo internazionale che lì si incontrava e intrecciava» era diventata «uno snodo importante nelle relazioni ufficiose tra l’America e l’Europa» (Fasanella, Rocca, La storia di Igor Markevič, cit., p. 131). Il carteggio tra Markevitch e Nicky Mariano intreccia amicizia e affetti; la donna si occupò per alcuni anni del figlio primogenito di Markevitch, Vaslav, detto Funtyki.

18 Un’unica lettera della scrittrice, risalente probabilmente al 1975, conferma l’impegno finanziario di Markevitch a favore del Tribunale dei crimini di guerra americani istituito da Sartre.

19 «Scherchen ne fut guère un maître facile à suivre. […] Éducateur né, il était incapable de se discipliner lui-même» («Scherchen non fu affatto un maestro facile da seguire. […] Educatore nato, era incapace di disciplinarsi lui stesso»). Markevitch, Être et avoir été, cit., p. 286.

20 L’intenso e regolare scambio di corrispondenza tra Igor Markevitch e i coniugi Nikita e Irène Magaloff, quest’ultima figlia del violinista Joseph Szigeti, testimonia una lunga amicizia tra le due famiglie che, negli anni della seconda guerra mondiale, si sostennero a vicenda in una serie di delicate personali circostanze.

21 Nonostante la fedeltà all’estetica e alla politica filosovietica, Markevitch non fece mancare a Rostropovič il suo sostegno anche quando l’amico si trovava in posizioni di evidente contrasto col governo sovietico.

22 «Pendant les quelque trente-cinqu ans où nous nous connûmes, Cocteau et moi, il n’y eut jamais une seconde d’ambiguïté pouvant faire passer notre amitié sur un autre plan» («In circa trentacinque anni di conoscenza, tra Cocteau e me, non c’è mai stato un secondo di ambiguità tale da far scivolare la nostra amicizia su un piano diverso»). Markevitch, Être et avoir été, cit., p. 303.

23 «Che bello, in un’epoca in cui tutti si lamentano della crisi, della pioggia, della politica, della febbre di Malta, vederti creare opere nuove con la giusta convinzione che non tutto è stato detto finora, che ancora tutto è da scoprire e che questo lavoro esige la disposizione di tutte le forze». Lettera di Élie Gagnebin à Igor Markevitch, 26 luglio 1932. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1).

24 «J’ai maintenant la partition et j’essaie de la balbutier au piano. De vos œuvres, jusqu’ici, je ne connais guère que votre Concerto pour piano et votre Cantate. Mais celles-là ne me quittent pas et je ne peux vous exprimer ma reconnaissance pour la joie profonde qu’elles me donnent. Je ne me console pas d’avoir dû renoncer à venir entendre votre Rebus le 15 décembre à Paris» («Ora ho la partitura e cerco di strimpellarla al pianoforte. Delle sue opere, finora, non conoscevo che il Concerto per pianoforte e Cantata. Queste composizioni sono sempre con me, e non so esprimerle la riconoscenza per la gioia profonda che esse mi regalano. Non mi consolo per aver dovuto rinunciare ad ascoltare il suo Rebus il 15 dicembre a Parigi»). Lettera di Élie Gagnebin à Igor Markevitch, 31 dicembre 1931. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, 6).

25 «Lo stato civile è uno schema fallace. È da molto tempo che sei maggiorenne». Lettera di Élie Gagnebin à Igor Markevitch, 26 luglio 1932. Cit.

26 BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, X).

27 «Tu hai facilmente e naturalmente un contatto diretto col pubblico, tant’è che senti il pubblico, lo capisci, e dunque sei più di altri in grado di farti capire da lui, di fargli comprendere facilmente le cose difficili, attrarre la sua attenzione per il modo concreto e fantasioso in cui presenti le tue idee. […] ne risulta che tra te e il grande pubblico si crea un legame naturale». Lettera di Claude Rostand a Igor Markevitch, 20 agosto 1959. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1).

28 I. Markevitch, Point d’orgue. Entretiens avec Claude Rostand, cit., p. 3.

29 «La sagoma d’Igor Markevitch si staglia subito nella stanza con sorprendente presenza, una presenza molto acuta, durante l’ouverture. Essa si impone, con i gesti essenziali che coosciamo bene […]. Cosa rara e degna d’ammirazione, ogni gesto ha il solo scopo di essere funzionale. […] È il gesto dell'”opera da compiere”. La poesia sprizza dal mestiere, come il bello sprizza dall’utile […]». Ivi, p. 4.

30 «Certo, se sua madre avesse la possibilità di mandarla a Salisburgo, potrebbe essere molto interessante per lei. La direzione d’orchestra è un mestiere che si impara sempre troppo tardi e se si vuole farlo bene, ovvero con una completa libertà del corpo e della mente, bisogna consacrarvisi il prima possibile». Lettera di Igor Markevitch a Michèle Duval, 19 maggio 1956. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1). La definizione della direzione d’orchestra come di un «mestiere» è legata alla concezione di quest’arte come un ambito professionale segnato da rigore, disciplina e soprattutto tecnica. Markevitch trasmetteva ai suoi studenti una serie di principi semplici ma inflessibili in dodici punti: dirigere a memoria; esercitarsi a dirigere frammenti della partitura per abituare la mente ad alternare momenti di concentrazione e relax; restare per quanto possibile immobili sul podio; gestire la respirazione in modo da non affaticarsi e sviluppare la resistenza fisica; conquistare una padronanza muscolare attraverso l’esercizio ginnico quotidiano; coltivare l’indipendenza delle braccia; comunicare la pulsazione ritmica e intanto equilibrare le masse sonore e occuparsi del fraseggio; stabilire un tempo che, indipendentemente dalla vanità del solista, sia al servizio della musica e dell’opera; concentrare il lavoro in prova; in pubblico evitare tutto quello che potrebbe nuocere ai musicisti; lasciare all’orchestra alcuni momenti musicali di libertà. Les grands interprètes. Markevitch, portraits de Roger Hauert, texte de Bernard Gavoty, Genève, René Kister, 1954, pp. 15-19.

31 Si veda BnF, Musique, NLA 83 (169-407).

32 Nel 1958, presso la Salle Pleyel, con l’Orchestre des concerts Lamoureux, Markevitch registrò Du fond de l’abîme (Pasume 130), Pie Jesu, Psaume 24, Psaume 129, Vieille Prière bouddhique disco Pathé Marconi EMI 1961 (Everest LPBR 6059M, premiato col «Grand Prix de l’Académie du disque français»; la registrazione è anche disponibile in cd: CDM7642812). Nel 1977 Markevitch registrò un secondo disco dedicato a Lili Boulanger nel quale l’Orchestra dell’Opéra di Monte-Carlo eseguiva la cantata Faust et Hélène e Pour les funérailles d’un soldat (Festival FC 441). Cfr. E. Giuliani, Discographie de l’œuvre de Nadia Boulanger, in Nadia Boulanger et Lili Boulanger, tèmoignages et études, sous la direction scientifique d’Alexandra Laederich, Lyon, Symétrie, 2007, pp. 404-421.

33 Gli scambi epistolari sono così suddivisi: 1929-1930: 3 lettere e 1 cartolina; 1931-1940: 32 lettere, 2 cartoline e 2 telegrammi; 1941-1950: 6 lettere; 1951-1960: 20 lettere e 2 telegrammi; 1961-1970: 43 lettere e 4 telegrammi; 1971-1979 (5 febbraio): 84 lettere e 3 telegrammi. Alla corrispondenza ricevuta, dal 1958 in poi, Markevitch era solito allegare le copie delle lettere inviate in risposta, e ciò consente di ricostruire – in un unico dossier – l’integralità (o quasi) degli scambi.

34 «Mon cher Igor, j’ai une terrible nouvelle à vous annoncer, nous enterrons notre cher et grand [… in russo nel testo] aujourd’hui à 3 heures à Venise. Il est mort hier à 5h3/4 du matin» («Mio caro Igor, ho una terribile notizia da annunciarle, seppelliamo il nostro caro e grande […] oggi alle 3 a Venezia. È morto ieri mattina alle 5h3/4»). Lettera di Boris Kochno a Igor Markevitch, 20 agosto 1929. BnF, Musique, N.L.A. 402.

35 «Mio piccolo caro, non so spiegarmi come abbia trascorso l’estate senza scriverti, pur non avendo trascorso un giorno senza pensare a te. Ho ricevuto la tua bella lettera da Londra, ho seguito il tuo bel viaggio ora dopo ora, le tue emozioni, le tue sorprese, le tue gioie; ho compreso tutto ciò che ha significato per te quest’esperienza, tutto ciò che l’ha resa ricca, significativa e così felice. Poi un giorno, brutalmente, dal giornale ho appreso la terribile notizia. Ho realizzato il crollo di tanti sogni, e su tutto, la perdita di un affetto unico. È confrontarsi ancora una volta con l’infelicità, ma è davvero troppo presto. E tutto quello che ho provato nel profondo, si è tradotto in silenzio». Lettera di Nadia Boulanger a Igor Markevitch [settembre 1929]. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, 1).

36 «Dopo promesse, reticenze, difficoltà, ho rinunciato a trovare ciò che cercavamo, ma non a sentire Icare. Permettimi, con tanto affetto, di mettere a tua disposizione 3000 franchi». Lettera di Nadia Boulanger a Igor Markevitch, 30 gennaio 1933. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, 1).

37 «la finezza di sfumature e dell’intonazione voluta». Lettera di Igor Markevitch a Nadia Boulanger, 28 ottobre 1950. BnF, Musique, N.L.A. 83 (250-251).

38 «Mio caro Igor, che lettera meravigliosa. Ci ritrovo la tua intelligenza, la tua chiarezza mentale – e il tuo affetto. Grazie. Le tue indicazioni sono preziose, e sono molto contenta che tu abbia parlato col direttore dei cori. Simili osservazioni sono sufficienti a intraprendere il lavoro nella direzione giusta. Il tuo do ♯ viene dal fatto che Stravinskij ha più volte cambiato quel ♯ in ♮ per poi tornare al ♯, da cui le divergenze tra le partiture a seconda dell’edizione. Dovrei parlarti di molti altri punti ma… Sono stata disturbata 10 volte da che ho cominciato questo messaggio – e arrivano gli allievi. Riprenderò uno dei prossimi giorni. Sono molto tormentata da Dinu. Che tragedia. E come tutto è oscuro. Che ce la faccia di nuovo. Questa lotta orribile e incredibile avrebbe messo fine a chiunque ma non a lui, così debole – e così forte. Sappiate che penso a voi, sì devo dirlo, ogni giorno. Più il tempo si accumula tra di noi (che strana immagine, tuttavia vera) più comprendo ciò che mi ha legata a te sin dalla tua infanzia – e ho una fierezza folle per aver capito tutto senza ancora sapere niente. Tu solo dovevi esserlo! Vi abbraccio forte la vostra Nadia». Lettera di Nadia Boulanger a Igor Markevitch, 9 novembre 1950. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, 44).

39 BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (73).

40 È lo stesso Markevitch a suggerire per lettera a Françaix il titolo, «genre Cantate de Bach», della composizione, Komm meine heilige Nadia (Lettera di Igor Markevitch a Jean Françaix, 22 agosto 1957). Per l’intero dossier relativo alla festa del 1957, completo di documenti che illustrano le fasi di composizione della cantata con uno schizzo della scena da allestire, si veda BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (73, 6).

41 «Mentre i figli di Markevitch si sono presentati con un diamante da 3.000 dollari comprato dalla Boulangerie di tutto il mondo, gli ospiti si sono lanciati in un coro esuberante composto per l’occasione da Francis Poulenc (Viva Nadia, la cara Nadia Boulanger, la carissima Nadia, Al-le-lu-jah!). Quindi i musicisti hanno eseguito un altro omaggio di compleanno: una Cantata di Jean Françaix per cinque archi, cinque fiati e pianoforte a sei mani». «Vive» teacher, «Time», september 30 1957, p. 83.

42 «Caro Igor, imperdonabile silenzio, che si spiega con la stagnazione nella quale inciampo. […] Al momento di dettare, dominano in me le debolezze. […] Sono ormai nell’ignoranza e di volta in volta l’immaginazione mi fa sognare, divagare, inventare e tu sei lì, immagine sempre nuova di uno stesso Igor, sempre diverso e sempre uguale. Ma domina la stanchezza e così tu non ricevi nulla, così come io non ricevo nulla da coloro che amo tanto». Lettera di Nadia Boulanger a Igor Markevitch, 11 settembre 1978. BnF, Musique, Vm Fonds MRK 119 (1, 1).