Franco Fortini a Zurigo
La guerra a Milano e altri inediti
Alessandro La Monica

Non sarà sottolineata mai abbastanza l’importanza dell’esilio svizzero di Franco Fortini, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943. Oltralpe infatti, per ammissione dello stesso scrittore, la qualità degli incontri e delle esperienze occorsegli, le letture e le prime vere prove di scrittura in cui si cimentò, furono di decisiva importanza nel suo percorso intellettuale e umano.1 Intrapresa l’avventura dell’espatrio in compagnia del pittore Giacinto Mondaini e del critico letterario Giancarlo Vigorelli, già nei campi di raccolta Fortini ebbe modo d’incontrare personalità notevoli della politica e della cultura italiane. Ad Adliswil, vicino a Zurigo, ad esempio, dove si trovò dal settembre al novembre 1943, egli conobbe Umberto Terracini, dirigente comunista reduce da una lunga prigionia nelle carceri fasciste, e Fernando Schiavetti, esule repubblicano di cui torneremo a parlare. In possesso di due lauree, una in lettere e l’altra in legge, Fortini frequentò a Zurigo i corsi universitari del prof. Theophil Spoerri, docente di Letteratura italiana antica e Letteratura francese. Fu probabilmente proprio sui banchi dell’università che Fortini fece uno degli incontri più importanti, quello con il futuro germanista Cesare Cases,2 anch’egli rifugiato a Zurigo dopo l’8 settembre e allievo, fra gli altri, del già citato Spoerri, che sarà anche correlatore della sua tesi. Spoerri ogni lunedì sera teneva a casa sua degli incontri a cui erano invitati gli alunni prediletti, che lui chiamava il Lundi-Gruppe.3 A questi incontri, cui partecipava Cases e probabilmente Fortini, veniva anche Lucien Goldmann,4 allora studente a Zurigo, il quale insoddisfatto dell’ambiente filosofico zurighese e influenzato dalla lettura del giovane Lukács, esercitava un notevole fascino intellettuale su quegli studenti, insieme ai quali discuteva di Pascal, di Marx e di “metafisica del tragico”. Non è da escludere che la mediazione goldmanniana abbia giocato un certo ruolo su Fortini, che gli autori citati considererà sempre fra i suoi “maggiori”; e del resto il nome di Goldmann tornerà più volte nell’iter fortiniano: dal saggio pubblicato su «Ragionamenti» nel 1956 intitolato Goldmann: visions du monde e marxismo, alla traduzione italiana del Dieu caché realizzata da Fortini nel 1961. Ma forse il primo incontro con Cases avvenne alla Colonia libera italiana di Zurigo dove nel giorno dell’epifania del 1945 Fortini, impersonando la befana, recitò per i figli degli operai antifascisti versi martelliani composti dallo stesso Cases.5 Entrambi i giovani facevano parte, inoltre, dell’Associazione Piero Gobetti patrocinata, come la Colonia libera e altre iniziative d’impronta antifascista, da Schiavetti e avente lo scopo di riunire gli intellettuali italiani rifugiatisi a Zurigo; frequentata da personaggi come Luigi Comencini e Luciano Bolis, sia Fortini che Cases vi tennero conferenze. Il cerchio delle amicizie di Fortini s’andò poi estendendo con la frequentazione degli ambienti dello Schauspielhaus, il teatro cittadino, che riuniva emigrati francesi e tedeschi, oltre a personaggi come Jean Starobinski e Hans Harp, e del ristorante International dove ebbe modo di conoscere figure del vecchio antifascismo come Jacini e Modigliani, ma anche Silone, Diego Valeri e il futuro regista Luigi Comencini prima citato.6 A Zurigo ritroverà anche Adriano Olivetti, già conosciuto a Milano nel 1938 e con il quale, insieme ad altri importanti scrittori, collaborerà nel dopoguerra. L’esperienza da partigiano nella Val d’Ossola, poi, per quanto breve, con la collaborazione con uomini come T. Gallarati Scotti, Giansiro Ferrata, Mario Bonfantini e Gianfranco Contini, poté forse sembrargli un esempio di come gli intellettuali si potessero (o dovessero) mettere al servizio della praxis, fossero cioè ancora depositari di quel mandato sociale che, com’è noto, lo stesso Fortini – dopo l’avvento dell’industria culturale – dichiarerà revocato in un saggio spesso citato di Verifica dei poteri.7 Dicevamo prima che la Svizzera fu per Fortini un apprendistato anche per la sua attività di scrittore, che qui cominciò a dare i suoi primi frutti significativi. Si va da articoli d’argomento politico o letterario editi su riviste come «L’Avvenire dei lavoratori», organo del Psi all’estero allora diretto da Silone, a pièces teatrali rappresentate con un certo successo, poesie, testi di conferenze e traduzioni. Il più importante, forse, di tali testi, non a caso l’unico – assieme alle traduzioni e alle poesie che confluiranno in Foglio di via – ripubblicato da Fortini nel dopoguerra, è La guerra a Milano, che solo apparentemente è un diario dei 45 giorni intercorrenti fra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943; in realtà – come precisa lo stesso autore nel volume Sere in Valdossola, di cui La guerra a Milano rappresenta la prima parte – si tratta di un resoconto a posteriori, composto nel campo di raccolta di Adliswil su quaderni fornitigli dalla Croce Rossa.8 Abbiamo citato prima Ignazio Silone: è forse appena il caso di ricordare che lo scrittore abruzzese, già figura di primo piano del PCI – che contribuì a fondare, ma da cui fu espulso nel 1931 – recatosi in Svizzera per motivi di salute nel 1929, vi restò fino al 1944, conducendo una battaglia culturale e politica contro il fascismo. Autore di romanzi di successo come Fontamara e Pane e Vino, Silone era visto come una figura di riferimento degli emigrati antifascisti ed era noto negli ambienti intellettuali di Zurigo.9 Grazie a lui, Fortini venne a contatto con il mondo della cultura antifascista europea presente a Zurigo ed ebbe la possibilità di pubblicare i suoi lavori. Tale ruolo di intermediario Silone giocò anche nella vicenda della (tentata) pubblicazione de La guerra a Milano. A provarlo non c’è solo la diretta testimonianza dell’autore,10 ma anche una lettera di Silone al suo editore, Emil Oprecht, del 5 luglio 1944 (citata da Renata Broggini11 e conservata all’Archivio Franco Fortini di Siena) e un gruppo di sei lettere fra Oprecht e la censura da noi rinvenute alla Zentralbibliothek di Zurigo.12 Dal 1939, infatti, un decreto federale stabiliva che ogni opera di carattere politico, economico o militare dovesse essere sottoposta a un controllo preventivo prima della pubblicazione; nel caso di Fortini, poi, trattandosi di un rifugiato, era previsto il divieto di «qualsiasi attività politica e qualsiasi atteggiamento contrario alla politica di neutralità del Consiglio Federale».13 Dalle sei lettere della Zentralbibliothek, tutte dell’agosto 1944, ricaviamo tuttavia che il manoscritto de La guerra a Milano era stato approvato dalla censura («Die Arbeit wird vom ersten Experten als sehr gut bezeichnet»: lettera del 17.08.44) come conferma anche un’altra lettera della censura, del 30 agosto 1944, conservata all’Archivio Federale di Berna: «La Censura, lodando il manoscritto e ritenendolo degno di pubblicazione richiede il permesso di codesta polizia per gli stranieri, essendo vietata salvo autorizzazione speciale ogni pubblicazione ai rifugiati». Proprio prevenendo le difficoltà che la Polizia degli Stranieri avrebbe potuto opporre al manoscritto di un rifugiato, la Censura aveva chiesto a Oprecht, con le lettere del 9 e del 17 agosto 1944, notizie sull’autore:

Concludiamo dalla prefazione che si tratta di un lavoro di un internato militare italiano. Comunicateci per cortesia se egli ha ricevuto il permesso di pubblicare. (9 agosto 1944)

Vi chiediamo di farci sapere se l’autore vive ancora e dove. (17 agosto 1944)

Il 22 agosto Oprecht rispose:

Le comunichiamo che a suo tempo il manoscritto ci è pervenuto per mezzo di Silone. A quanto ne sappiamo l’autore non vive più in Svizzera. Ce ne informeremo con Silone e se l’autore è ancora in Svizzera invieremo la domanda alla Polizia degli Stranieri perché gli sia concessa la pubblicazione del libro.

La Fremdenpolizei, invece, come sappiamo dalla lettera del Ministero Pubblico già citata, non autorizzò la stampa:

La pubblicazione avrebbe come conseguenza che altri rifugiati italiani vorrebbero prendere posizione nei confronti delle considerazioni dell’autore. Di conseguenza verrebbe a formarsi nella Svizzera ad opera dei profughi una letteratura dedicata ai problemi di politica estera. Per ragioni di politica interna ed estera, un tale sviluppo sarebbe indesiderabile.

Furono questi i motivi della mancata autorizzazione alla stampa, non un episodio d’«indisciplina» di cui lo scrittore sarebbe stato protagonista nel campo di Tour Haldimand; leggiamo la lettera di Fortini a Regina Kägi-Fuchsmann datata 31.12.1944:

La Censure a refusé l’authorisation d’imprimer mon livre Krieg in Mailand qui était déposé à l’Europe Verlag. Et Oprecht pense […] que ce soit en relation avec cette histoire. (31.12.44)14

L’editore Oprecht aveva già una certa esperienza in materia di manoscritti rifiutati dalla censura;15 il più rilevante, forse, è quello riguardante il testo de Il seme sotto la neve, terzo romanzo di Silone poi pubblicato nel 1942 dopo gli opportuni aggiustamenti. Scorrendo la lista di tali manoscritti, per lo più inediti, in cerca di altre opere italiane, vi ho trovato proprio il dattiloscritto de La guerra a Milano, con correzioni a mano autografe.16 Il testo, per contenuto, struttura e forma stilistica, si presenta ad un primo esame notevolmente diverso rispetto alla lezione del 1963, ben al di là di quanto le precisazioni dell’autore ci farebbero supporre; scrive infatti Fortini nella prefazione alle Sere in Valdossola:

Ho cercato di resistere alla tentazione di riscrivere o di aggiungere e mi son limitato a qualche, d’altronde insufficiente, correzione formale. Ho messo in chiaro quasi tutti i nomi che allora per prudenza avevo alterati. Ho tolto certe pagine che si inserivano qua e là, corsivi descrittivi della nostra condizione di allora o di meditazione dell’accaduto.17

Il dattiloscritto, costituito da 138 carte, non si presenta strutturato secondo la sequenza cronologico-diaristica offertaci nelle Sere in Valdossola, ma si snoda attraverso dodici sezioni contraddistinte da titoli tematici.18

I cinque corsivi che sono stati poi espunti (tre centrali, due a cornice) fungevano da commento attualizzante; particolarmente significativo l’ultimo, che conclude l’opera. Ne citiamo un passaggio:

C’è qualcosa in noi che va oltre l’odio e la passione. Qualcosa di più duro e difficile a portare e che pure porteremo alto, quando ritorneremo; qualcosa che non soffre d’essere stretto in una formula di fede politica. Esso è forse il senso ultimo di questa nostra giovinezza, l’ultima sua parola alla nostra ancora oscura maturità; e dirla ci costa, perchè è un impegno alto e arduo: ma non possiamo deporlo. Abbiamo imparato che la nostra vita e la nostra verità sono la verità e la vita dei nostri fratelli. […] Questo dovremo credere e dire.19

Ma i tagli interessano anche le altre parti del testo, quelle diegetiche, le quali subiscono rispetto alla versione dattiloscritta, un processo di condensazione, dislocazione di singole parti e revisione stilistica. Parti del testo Fortini riuscì comunque a pubblicare a puntate, dopo ulteriori modifiche, in “Libera stampa”, il quotidiano del Partito socialista ticinese, dal 23 febbraio al 6 aprile 1945, e ne «l’Avanti!» nel 1953.

Altri documenti negli archivi zurighesi

Oltre al dattiloscritto de La guerra a Milano, alla Zentralbibliothek, fra le carte di Rudolf Jakob Humm,20 si trovano anche altri documenti riguardanti Fortini: dopo una lettera dell’8 aprile 1944 che Fortini invia a Humm per gli auguri pasquali, troviamo una cartolina firmata Franco Lattes Fortini datata 24 aprile 1945:

24 aprile 1945

Caro Humm,

gli alleati passano ora per le strade di Modena; speriamo che quelle ruote
dannate facciano presto, sulla via Emilia. Io lascerò allora questo paese una seconda volta – dopo la mia disgraziata “calata” in Ossola – rimpiangendo tutto il bene che vi ho trovato, di compagni e di amici, tutto quel che vi ho imparato, per tornarmene a far qualcosa per i disgraziati che son laggiù.

[…] Io vorrei, nel domani, mantenere contatto con la Svizzera; e forse potrei esser utile alla stampa di qui. O non stanno, per esempio, pubblicando alla Büchergilde una traduzione dei Malavoglia, di cui si dovrebbe parlare in modo conveniente, né solo come di un «Fischerroman»? Lei potrebbe consigliarmi e darmi, in questo senso, delle indicazioni. […]

Franco Lattes Fortini

Heim Bubenberg, Spiez, (B.O)

Abbiamo poi il manoscritto, datato «30.01.44», della poesia All’Italia, composta nel 1942 e pubblicata, con lievi modifiche all’interpunzione, nell’«Avvenire dei lavoratori» del 25.02.44; dopo altre correzioni essa, con il titolo Italia 1942, fu inserita (insieme ad altre composte in Svizzera) nella raccolta Foglio di via pubblicata da Einaudi nel 1946.

Un capitolo interessante riguarda proprio le poesie e le traduzioni pubblicate in Svizzera; i testi dell’“esilio” presentano infatti una lezione spesso diversa, a volte anche in misura significativa, da quella che conosciamo attraverso le edizioni del dopoguerra. Fra le carte di Humm troviamo, infine, un foglio dattiloscritto riportante il programma teatrale di un serata di beneficenza a favore dei rifugiati dell’Ossola, tenuta al Kongresshaus di Zurigo il 14 dicembre 1944. Dopo i discorsi introduttivi del Prof. Delogu e di Regina Kägi-Fuchsmann, protettice di numerosi rifugiati fra cui lo stesso Fortini, era previsto un programma musicale alla fine del quale doveva essere rappresentato l’atto unico Der Soldat (Il soldato) di Franco Fortini, diretto dalla regista Maria von Ostfelden.21 In Un giorno o l’altro, scriverà Fortini (1965):

Tanto ingenua quanto appassionata, quella modestissima scrittura ha ben meritato di restare inedita; se ne può sorridere. Ma è una prova testimoniale a favore di un’“altra” storia della Resistenza, che ancora non è stata scritta.

Per seguire personalmente le prove del suo lavoro, Fortini chiese e ottenne un permesso di otto giorni d’assenza dal campo di La Tour Haldimand dove si trovava internato. Ce lo prova una serie d’altri documenti conservati al Sozialarchiv di Zurigo.22 Si tratta complessivamente di trenta lettere, sei delle quali spedite da Fortini a vari destinatari. A parte diverse richieste di indumenti per l’inverno al Soccorso operaio e istanze per la liberazione dai campi dov’era internato, si segnalano: a) una lettera del 19 agosto 1944, utile per ricostruire le sue vicende biografiche in Svizzera fino a quel momento; b) una lettera spedita da Losanna il 31 dicembre 1944 a Regina Kägi-Fuchsmann, pubblicata nello studio della Broggini, in cui Fortini racconta di un presunto episodio d’indisciplina e delle conseguenti vessazioni a suo danno; c) e una lettera da Milano, datata 10 dicembre 1945 e intestata «Il Politecnico. Settimanale di cultura – Il Direttore», nella quale lo scrittore «demande d’entrer en Suisse pour préparation de son mariage avec Mlle Ruth Leiser, citoyenne suisse». La lettera, inviata con tutta probabilità a Regina Kägi-Fuchsmann (come dimostra il saluto finale «pour le dr. Paul», cioè il marito Paul Kägi), fa riferimento anch’essa alla rappresentazione de Il soldato:

Milan, le 10 déc. 1945

Chére camarade,

Je ne sais pas si vous vous souvenez encore de l’auteur du Soldat qui logea chez vous, l’année passée, au commencement d’un printemps zurichois qu’il n’a point oublié. Voici le camarade Fortini – qui travaille à présent à cet hebdomadaire de culture – qui vient vous déranger encore une fois, comme il le fit autrefois, dans votre travail […]

Le altre 24 lettere fanno per lo più parte del carteggio fra le autorità e il Soccorso operaio svizzero, per il cui tramite passavano ad esempio le istanze di liberazione o congedo provvisorio, che Fortini come altri periodicamente presentava.

Note

1 Sulla permanenza in Svizzera di Fortini vedi R. Broggini, Svizzera rifugio della libertà, in «L’Ospite ingrato. Annuario del Centro Studi Franco Fortini», 1991, pp. 121-167.

2 Su Cases in Svizzera e i suoi incontri con Spoerri e Fortini vedi C. Cases, Confessioni di un ottuagenario, Roma, Donzelli, 2000.

3 P. Spoerri, Mein Vater und sein Jüngster, Stäfa, Gut, 2002, p. 92.

4 C. Cases, Confessioni di un ottuagenario, cit., pp. 85-88.

5 Ivi, pp. 85-88, p. 71.

6 F. Fortini, Sere in Valdossola, Venezia, Marsilio, 1985, pp. 9-10.

7 F. Fortini, Verifica dei poteri, Milano, Il Saggiatore, 1965, pp. 143 ss.

8 F. Fortini, Sere in Valdossola, cit., pp. 8-9.

9 Su Silone in Svizzera vedi E. Signori, Silone nell’esilio svizzero, in «Nuova Antologia», 114.2132, ottobre-dicembre 1979, pp. 92-118; E. Straub, Ignazio Silone und die Schweiz, in «Italienische Studien», 17, 1976, pp. 130-55; T. Weder, Ignazio Silone – Agitation und Literatur in der Schweiz, in Prominente Flüchtlinge im Schweizer Exil, Berna, Ufficio Federale dei rifugiati, 2003; D. Holmes, Ignazio Silone in Exile. Writing and Antifascism in Switzerland 1929-1944, Aldershot, Ashgate, 2005.

10 F. Fortini, Sere in Valdossola, cit., p. 10.

11 R. Broggini, Svizzera rifugio della libertà, cit., n. 65, p. 150.

12 Zurich, Zentralbibliothek, Handschriftenabteilung, Oprecht 13.

13 R. Broggini, Svizzera rifugio della libertà, cit., n. 68, p. 151.

14 Ivi, p. 160.

15 Sulla figura di Emil Oprecht: P. Stahlberger, Der Zürcher Verleger Emil Oprecht und die deutsche politische Emigration 1933-1945. Mit einem Vorwort von Professor Dr. J.R. von Salis, Zürich, Europa Verlag, 1970.

16 Zürich, Zentralbibliothek, Handschriftenabteilung, Oprecht T. 213.

17 F. Fortini, Sere in Valdossola, cit., p. 13.

18 La Guerra a Milano; Luglio; Il primo giorno; Milano; Gli amici; Il battaglione; Mario; I bombardamenti; La gente in viaggio; L’armistizio; Gli ultimi giorni; La frontiera.

19 F. Fortini, Dattiloscritto de La guerra a Milano, Zürich, Zentralbibliothek, Handschriftenabteilung, Oprecht T. 213, p. 136.

20 Zürich, Zentralbibliothek, Handschriftenabteilung, Nachl R J Humm 78.14.

21 Maria von Ostfelden (06.12.1896 Stanislawow, Polonia,– 04.04.1971 Zürich, Svizzera), attrice e regista nei campi d’internamento svizzeri, dal 1940 al 1942 interpretò piccole parti allo Schauspielhaus di Zurigo. Per le feste del primo maggio inscenò diversi drammi al Volkshaus di Zurigo fra cui, nel 1943, Le Troiane di Euripide, impersonando la figura di Ecuba. All’Università di Zurigo seguì lezioni di psicologia (con Jung), letteratura e teatro. Nel 1964, aiutata dal compagno di vita, l’architetto Jakob Zweifel, fondò il Teatro d’avanguardia a Zurigo, che diresse fino al 1970

22 Zürich, Sozialarchiv, Ar. 20.751, Italienische Korrespondenz (mit Emigranten in der Schweiz 1943-45), Dokumente italienische Korrespondenz 1943-45), Flüchtlingshilfe I-M (Lattes).