Pubblichiamo il testo dedicato da Mauro Bersani ad Attilio Lolini, recentemente scomparso, e già uscito sulla pagina dedicata all’autore nel portale dell’editore Einaudi. Ringraziamo l’autore per aver autorizzato la pubblicazione.

Da sinistra: Ruggero Lolini, Attilio Lolini (in piedi), Franco Fortini, Carlo Fini.
Da molti anni si era autoconfinato a San Rocco a Pilli, non lontano dalla sua Siena, e rifiutava inviti che lo smuovessero da casa sua. Ancora per l’uscita del suo primo libro einaudiano, Notizie dalla necropoli. 1974-2004, era venuto a Torino per un piccolo festeggiamento. Ma in occasione dell’uscita di Carte da sandwich, quattro anni fa, non si mosse da casa nemmeno per una importante presentazione organizzata da Giovanni Tesio e altri critici che ci tenevano a omaggiarlo e risarcirlo del troppo silenzio che aveva circondato la sua opera poetica negli anni precedenti.
Eppure era uomo da conversazione brillante, coltissimo sia nel coté letterario che in quello musicale, comico e tagliente nelle battute, ironico e autoironico al limite della clownerie (a partire dalla sua capigliatura sempre più vistosamente ossigenata col passare degli anni). Una delle sue battute che trovo più divertenti era quando un poeta cattolico gli disse, molto tormentato: sai Attilio, ho perso la fede! E Lolini: e che dovrei dire io che ho perso tutti i denti…
Forse negli ultimissimi tempi la risata non riusciva più a riscattare quel nucleo di disperazione che aveva accompagnato i suoi versi fin dalla sua prima raccolta del 1974: Negativo parziale, apprezzata e recensita da Pasolini.
Il suo tragitto di poeta copre un arco che va dal “poeta arrabbiato” al “poeta disincantato”. Il suo amico Vassalli (col quale scrisse due libri: Marradi e Belle Lettere) definì la poesia di Lolini «maledettismo frivolo»; Giorgio Manacorda volle correggere la definizione in «pessimismo frivolo». In realtà sono due varianti che si attagliano a due periodi diversi della vita di Lolini. Certamente le sue raccolte giovanili, accanto alla rabbia e alla ribellione, giocano molto su un’autorappresentazione “maledetta”, con quel via vai tra una questura e una retata, quando l’omosessuale in cerca di sesso era un’immagine di reietto. Il “pessimismo” e la disperazione prevalgono col passare del tempo e la fisiologica diminuzione degli impulsi giovanili. Diventano a poco a poco, come diceva lui autoironicamente, «piagnisteo». Una poesia più decantata, una risata spietata e consolatoria al tempo stesso. Fino a Carte da sandwich, dove il tema della senilità e del disfacimento progressivo del corpo si intreccia con quello della vanità del vivere:
sono stremato dal riposo
semi dormiente
nella vita
non ho fatto niente
da un passo ad un altro
né stupido né scaltro
a tentoni nell’aldilà
entrerà una nullità.