Marino Raicich e la riforma della scuola secondaria
Mariangela Caprara

Segnaliamo ai nostri lettori il contributo uscito sulla «Rivista il Mulino» a firma di Mariangela Caprara nell’occasione del centenario della nascita di Marino Raicich, il cui archivio fa parte della collezione della Biblioteca di Area Umanistica dell’Università degli Studi di Siena.

Oggi, 7 marzo 2025, ricorre il centenario della nascita di Marino Raicich, figura non a tutti nota nella storia della cultura italiana, forse a causa delle varie forme esteriori che assunse il suo percorso intellettuale e politico, passando dall’insegnamento del latino e del greco nel liceo alla carica di deputato del Partito comunista e infine alla direzione del Gabinetto Vieusseux. Mai diventato professore universitario, Marino Raicich aveva alle spalle una formazione di vaglia, benché in parte condizionata dagli eventi della Seconda guerra mondiale.

Nel 1944 venne ammesso alla Scuola Normale di Pisa, per laurearsi nel novembre del 1947 e poi proseguire con il perfezionamento fino al dicembre del 1949: anni delicatissimi per la fine dell’era di Gentile e il passaggio alla Repubblica, in cui Raicich poté giovarsi del magistero di Luigi Russo, Delio Cantimori e Giorgio Pasquali. Fu un insegnante inquieto: approdò al liceo «Galileo» di Firenze nel 1958 dopo alcuni incarichi nel pisano e a Livorno, e vi rimase fino al 1968, quando iniziò la sua carriera di deputato, sviluppando in questo periodo fiorentino il suo originalissimo rapporto con la scuola, caratterizzato da un lato da un attaccamento fortissimo all’istituzione, dall’altro da una delusa insofferenza professionale. Questo dissidio trovò una via per sciogliersi nelle ricerche sulla storia della scuola, in particolare della scuola classica: fu, questo, una sorta di itinerario per collocarsi con più vigore e consapevolezza nel proprio ruolo di professore di greco e di latino, ma anche per appropriarsi pienamente di un’identità italiana che lui, nato a Fiume nel 1925, sentiva forse labile.

Continua a leggere su «Rivista il Mulino»