
Il 18 luglio 1990, poco più di un anno prima, una sentenza aveva assolto dall’imputazione di strage i responsabili materiali dell’attentato neofascista del due agosto 1980 che colpì la stazione Centrale di Bologna e uccise ottantacinque persone. L’ennesima offesa alla comunità emiliana, dopo dieci anni di indagini e depistaggi, rivelò ai due creatori – Festi e Maimone – l’urgenza di una reazione pubblica da svolgere secondo le forme dell’arte teatrale: come spiega Marco Baliani, «qualcuno [aveva] lasciato un corpo»1 a cui bisognava dare voce attraverso un rito collettivo. L’idea nacque pensando ad Antigone e alla polis greca, il cui destino dipendeva dalle tombe degli antenati su cui erano state gettate le sue fondamenta. Come i cadaveri sepolti in pace o in guerra avevano il potere di benedire o condannare la nuova città, così la comunità bolognese sorgeva su corpi che, «non pacificati»,2 chiedevano appello. Da qui nasce la fisionomia dell’intero spettacolo: non uno spazio scenico tradizionale, non un teatro al chiuso, ma una manifestazione in grado di attraversare gli spazi cittadini chiamando a raccolta i suoi abitanti, come una via crucis laica o una rappresentazione medievale. Per due settimane, attrici e attori provenienti da tutta la penisola si sono radunati a Villa Guastavillani, sui colli bolognesi, e hanno contribuito alla preparazione dello spettacolo pianificandone ogni segmento, improvvisando, annotando e riscrivendo, interagendo con le storie, i simboli, gli oggetti delle vittime e di chi è sopravvissuto alla strage.
Fu chiesto a Franco Fortini, Franco Loi e Gianni D’Elia di scrivere tre testi per l’occasione. Nessuno dei tre fu recitato integralmente e il componimento di D’Elia fu addirittura scartato. I due rimanenti – Indignatio facit verus di Fortini e L’aria è vuota di ogni grido di Loi – furono però scomposti e riassemblati nel processo di adattamento scenico, con una netta preferenza per i versi del primo.
Fortini aveva composto un «monologo poetico»3 che, per via della sua dispersività sintattica e per le soluzioni tipografiche decisamente inusuali, potrebbe all’apparenza sembrare ben lontano dalla sua restante produzione poetica. In realtà, Indignatio facit versus esibisce con forza un gesto tipico dell’ultima stagione lirica del suo autore, cioè l’assunzione di uno sguardo retrospettivo che rifunzionalizza i propri versi del passato e ne verifica l’intima verità. Costruito come un lungo flusso verbale che impersona le attitudini ciniche, qualunquiste o benpensanti della società contemporanea di fronte alle stragi della Storia, il monologo è intervallato da incursioni dall’opera lirica di Fortini (Coro dell’ultimo atto, Per Serantini, Seconda lettera da Babilonia, ecc.), collocate appositamente affinché fioriscano nella loro dirompente conflittualità. Nonostante nella rielaborazione scenica il componimento fu «frantumato […] in tanti pezzi di coro»,4 la struttura architettata dall’autore continuò a essere in parte riconoscibile: le principali citazioni all’opera in versi vennero infatti affidate al Poeta, uno dei «ruoli coreutici, o allegorie […] nati incrociando le potenzialità drammatiche implicite nei testi con quelle inscritte nel profilo (teatrale e umano) della grande compagnia».5
Antigone delle città, dopo anni di silenzio, è tornato a essere oggetto di discussione e interesse da parte degli addetti ai lavori. Negli ultimi mesi, a seguito del ritrovamento da parte di Bruno Tognolini di una serie di registrazioni audiovisive di quelle giornate, hanno avuto luogo alcuni progetti ed eventi che hanno tentato di comprendere l’Antigone in quanto unicum nella storia del teatro contemporaneo italiano. Uno dei risultati più pregevoli di questi incontri è stata la presentazione del breve documentario Antigone Reloaded, a cura di Emma Comotti, Anna Milan, Sara Sanguedolce e Francesca Viapiana, che, grazie a un’accurata raccolta di testimonianze, riesce a restituire cosa fu l’Antigone nel 1991.
Il documentario è finalmente disponibile a questo link.
1 Dall’intervista a Marco Baliani contenuta nel documentario a cura di Nico Garrone Bologna ricorda la strage del 2 agosto 1980, disponibile su YouTube.
2 Ibidem.
3 Così definito nell’introduzione al componimento in F. Fortini, Una pietra sul cuore, in «Avvenimenti», IV, 30, 31 luglio 1991, pp. 92-96.
4 Ancora dall’intervista a Marco Baliani a cura di Nico Garrone.
5 Dal resoconto di Bruno Tognolini, Primo anno, Bologna, 1 agosto 1991, reperibile sulla pagina dedicata alla memoria dello spettacolo.